1945, il dramma western sull'Olocausto

Il cinema ungherese racconta l'Olocausto come un dramma western coinvolgente ed esteticamente impeccabile: ecco 1945

Dall’Ungheria arriva un film in bianco e nero che racconta un anno difficile per l’Europa, il 1945. La guerra è finita, ma le tensioni e la paura sono ancora vive nelle città e nei piccoli centri. Il regista Ferenc Torok porta sullo schermo la storia di due ebrei in viaggio, che vogliono tornare a casa per ricongiungersi con la propria famiglia e gli amici. Ma nel loro cammino incontrano occhi sospettosi e persone pronte a giudicare, a tradire e a rivendicare la violenza e la sfiducia, protagoniste del conflitto mondiale. I due ebrei portano con loro due casse di legno, di cui non si conosce il contenuto, dalla stazione ferroviaria alla città. Questo sconvolge gli abitanti del piccolo centro, avvertiti dall’arrivo di questi due stranieri vestiti di nero. 

1945: un film diverso sull'Olocausto

L’Olocausto è stato più volte trattato al cinema, ma Torok si concentra sulla realtà di un paese diverso, meno presente sul grande schermo a livello internazionale. E lo fa con uno stile originale e ricercato, che rende omaggio al classico western e ai film di un passato mai dimenticato. Descrivendo le emozioni e le idee dei vari personaggi coinvolti, il regista lascia spazio anche ad un’analisi sociale e antropologica. Le reazioni di un gruppo ad un evento inaspettato e ricco di sfumature, è sotto la lente di ingrandimento, forte anche delle varie testimonianze che hanno confermato la convinzione di alcuni ungheresi che fosse giusto deportare i loro vicini ebrei. Infatti 1945 non si sofferma sulla psicologia individuale, ma è interessato al comportamento umano e alle dinamiche di gruppo su una scala più ampia. E, alla fine, la ragione potrebbe ancora lasciare il posto alla forza devastante dei desideri egoistici.

Ispirato al racconto Homecoming scritto dallo stesso Ferenc Torok in collaborazione con Gabor T. Szanto, 1945 è un film la cui narrazione si concentra sul punto di vista della gente del posto - compreso il prete - che condivide segreti colpevoli di guadagni illeciti. Per alcuni di questi, come l’ubriaco Bandi, il rimorso diventa insopportabile, mentre altri sono distratti e sedotti dai beni materiali, come una nuova casa, un arredamento raffinato, e gli oggetti d’arte ebrei. Torok si conferma capace di un notevole virtuosismo, anche se la sua filmografia fino ad oggi non lo aveva mai sottolineato. Conosciuto per il suo esordio Moscow Square che parlava di un gruppo di ragazzi delle scuole superiori nel 1989, quando è calata la cortina di ferro, il regista ungherese ha scelto di esplorare un altro periodo storico, senza perdere la sua passione per un certo realismo rappresentato in maniera suggestiva ed evocativa. I nazisti sono appena usciti dal paese e le forze sovietiche liberatrici sono ancora in circolazione, sebbene il comunismo sia ancora lontano da diversi anni e tutti in quella piccola comunità rurale stanno facendo del loro meglio per tornare alla normalità.

1945: la guerra è finita ma l'intolleranza resta

La sceneggiatura è povera di dialoghi, ma un buon cast d’ensemble rende comunque convincente il film, mantenendo un ritmo sostenuto. Le questioni di coscienza vengono mostrate e non raccontate, e ogni inquadratura è costruita con attenzione e poesia, soprattutto quando i soggetti sono incorniciati da cortine di lino vaporose, finestre, porte e recinti. L’interesse visivo di 1945 è sicuramente una ricchezza artistica e creativa del film. La colonna sonora malinconica, curata da Tibor Szemzo, riprende la musica tradizionale ebraica, evolvendo in un tema di percussioni inquietante, a uno spartito più corposo e tradizionale della musica ebraica. La storia è attraversata dal mistero, da bugie, confessioni e omertà. L’ombra della guerra è molto presente e gran parte dei personaggi hanno degli scheletri nell’armadio o delle colpe con cui farei conti. La deportazione è raccontata come un sentimento di rabbia, dolore e avidità, all’interno di una confusa divisione delle parti: chi sta dalla parte del bene e chi del male non è facilmente identificabile. Torok riesce a catturare lo spettatore con una regia magnetica e ambiziosa, che punta molto sull’estetica, ma questo dramma storico che sembra rendere omaggio a film del passato come Mezzogiorno di Fuoco, è un film originale che rientra, tuttavia, nel cinema indipendente o d’autore. 

1945: la recensione del film di Torok

La storia suona abbastanza familiare e fa eco a “Cronaca di una morte annunciata” di Gabriel Garcia Marquez, soprattutto per il modo in cui le azioni degli abitanti del villaggio sono quasi preordinate da una combinazione delle loro posizioni e delle aspettative degli altri. Il tono solenne e sobrio del dramma viene a volte interrotto da momenti un po’ sgraziati che rasentano il melodrammatico, come quando il regista mette a fuoco la sua macchina fotografia su un paio di minuscole scarpe appartenute a un bambino morto durante la guerra; o quando Istvan accusa la moglie con i lividi di aver dormito con l’amico ebreo che ha tradito con le autorità. Tuttavia 1945 è molto legato anche ai film anni ’30 e ’40, per il modo in cui Torok e il direttore della fotografia Ragalyi assemblano gli elementi visivamente all’interno della cornice. I set vissuti e gli esterni più diversi sono opera dell’architetto e scenografo Laszlo Rajk. Nel cast brillano Péter Rudolf, Bence Tasnádi, Tamás Szabó Kimmel e Dóra Sztarenki. 1945 è distribuito in Italia da Mariposa Cinematografica e Barz and Hippo che credono nel talento e in un cinema considerato di nicchia, ma pronto per diventare di tutti. In fondo ha vinto numerosi premi in tutto il mondo, come il Premio Avner Shalev Mad Vashem come Miglior rappresentazione artistica dell’Olocausto al Jerusalem Film Festival 2017, il premio per il miglior soggetto al Miami Jewish Film Festival, il premio dei critici e del pubblico al San Francismo Jewish Film Festival, il primo premio della critica cinematografica ungherese, il premio per il miglior regista al Berlin Jewish Film Festival, e tanti altri. Quindi forse vale la pena andare al cinema e sostenere il coraggio di proporre qualcosa di vero, emozionante, istruttivo e ben fatto, a livello visivo e a livello narrativo. 

Voto: 7