L’attore romano scomparve nel 1996 a Parigi. I ruoli che lo resero indimenticabile e quelli meno noti ma altrettanto fondamentali in sessant’anni di carriera.
Era l’eleganza, Marcello Mastroianni. Portata in scena a teatro e sui set cinematografici fino alla fine. Fino al 1996 quando, il 19 dicembre, scomparve a Parigi a 72 anni, ucciso da un tumore. Eppure non aveva mai smesso di lavorare. Sul palcoscenico portando in tournée nel 1995 e nel 1996 Le ultime lune di Furio Bordon per la regia di Giulio Bosetti. Per il cinema recitando in Portogallo in uno dei tanti capolavori di Manoel de Oliveira, Viaggio all’inizio del mondo (uscito nel 1997), nel ruolo di un anziano regista di nome Manoel, alter-ego del maestro portoghese anche nell’abbigliamento, che, cappello in testa e cammino incerto, sostenuto da un bastone, viaggia in terra lusitana con la troupe di un film in lavorazione. Il volto di Mastroianni era sempre bello, in esso convivevano tristezza e dolcezza, e quell’eleganza infinita. Che, nella parte finale della carriera (una carriera sterminata, popolata di interpretazioni memorabili, iniziata negli anni Quaranta quando era poco più che ragazzo, essendo nato a Fontana Liri il 28 settembre 1924), densa di personaggi memorabili, era stata documentata in Sostiene Pereira (1995) di Roberto Faenza, dal romanzo omonimo di Antonio Tabucchi, altro film girato in Portogallo (da un attore che portò il suo inconfondibile stile in giro per il mondo, lavorando con molti cineasti internazionali), dove Mastroianni è un intellettuale che, nel 1938, vorrebbe rimanere estraneo alla politica (la guerra civile in Spagna, i fascisti al potere in Portogallo), e in Tre vite e una sola morte (1996) del visionario autore cileno Raoul Ruiz, dove interpreta quattro ruoli in un caleidoscopio di espressioni.
Impossibile dare conto, senza diventare compilatori di un elenco, della moltitudine di personaggi e stili distillati da Mastroianni. Meglio soffermarsi su alcuni attimi di una filmografia segnata da incontri fondamentali come quelli con Luchino Visconti, Federico Fellini, Ettore Scola, Marco Ferreri, Sofia Loren, e da film divenuti imprescindibili risalenti soprattutto agli anni d’oro del cinema italiano: Le notti bianche (1957), La dolce vita (1960), La notte (1961), Divorzio all’italiana (1961), 8½ (1963), Ieri, oggi, domani (1963), Una giornata particolare (1977)…
Sparsi in quasi sessant’anni di lavoro si trovano tanti altri testi nei quali Mastroianni si è immerso con il suo talento, testimoniando di essere a suo agio tanto nella commedia, anche grottesca, quanto in storie drammatiche di varia ambientazione sociale e storica e in testi sfuggenti a frettolose semplificazioni. È il caso di Fantasma d’amore, diretto nel 1981 da Dino Risi. Un film con Mastroianni nei panni di un commercialista pavese che si trova a superare il confine fra realtà e visioni quando incontra su un autobus un suo antico amore, scoprendo poi che quella donna è morta da anni. Si disegna così un tormentato viaggio non tra presente e passato, ma nel tempo senza tempo dell’amore.
Altrettanto disorientato, in un momento della sua vita, e, come altri personaggi di Mastroianni, in cammino nel tentativo di ridefinire il senso della propria esistenza, è Spyros, apicoltore greco che, al termine di un percorso nella Grecia meno frequentata, sceglie la morte per suicidio facendosi attaccare dalle api. È una scena epica posta da Theo Anghelopoulos alla fine de Il volo (1986).
Un altro tipo di viaggio compie l’ultimo discendente di una nobile famiglia che, dopo una rivoluzione, si trasferisce a Londra. Accade in Leone l’ultimo (1969) di John Boorman, con Mastroianni che porta al cinema un altro personaggio fisicamente e mentalmente in preda a un disagio - sorto in questo caso da una crisi sociale che diventa metafora di un cambiamento generazionale (gli anni Sessanta).
Avanti e indietro nel tempo. Tra i film nati dalla intensa collaborazione con Marco Ferreri c’è uno dei capolavori meno noti del regista milanese, Break Up - L’uomo dei cinque palloni (1963-1967), recentemente restaurato e riportato al suo splendore originale e alla sua integralità. Mastroianni è superbo nel delineare lo sconfinamento nella follia, anche qui risolta con un suicidio, di un ricco industriale la cui unica necessità diventa quella di comprendere fino a che punto si possa gonfiare un palloncino senza farlo esplodere.
Ma non si possono non ricordare il sindacalista de I compagni (1963) di Mario Monicelli, il contadino povero e innamorato del folgorante Giorni d’amore (1954) di Giuseppe De Santis, il Casanova (lui, “uomo che amava le donne”, come ha titolato il quotidiano La Stampa lunedì 19 dicembre 2016) nel film in costume Il mondo nuovo (1982) di Ettore Scola.
Fonte foto di copertina: facebook.com/MARCELLO-MASTROIANNI