Aquarius - recensione

Aquarius è un poliziesco che ci proietta negli anni Sessanta all'origine dei crimini di Charlie Manson con un David Duchovny in grande forma nella parte di Sam Hodiak, il detective che comincia a indagare su delle sparizioni misteriose

L’effetto Netflix ormai sta contagiando anche i canali televisivi classici, i network in chiaro. Sta accadendo ora in America che il canale televisivo NBC ha pubblicato online tutti e tredici gli episodi della serie Aquarius.

Fatto non da poco perché con Netflix si è cominciato a parlare di serialità non televisiva, una nuova forma di fruizione delle serialità a lunga narrazione, un nuovo modello di distribuzione (che sta contaminando il cinema inevitabilmente) e che permette allo spettatore, unico e vero destinatario di questi nuovi modelli della visione, di costruire da sé l’esperienza dello spettacolo delle immagini in movimento. Un’esperienza che passa, per lo più, nel consumo bidge-watching, la visione ammassata e istantanea, ossia in continuità e senza interruzioni,di tutti gli episodi che costituiscono la stagione di una serie.

Un’esperienza compulsiva e sicuramente ancora tutta da sperimentare, da parte dei produttori, per amplificare l’esperienza dello spettatore e per costruire una fidelizzazione che rottama il vecchio palinsesto televisivo, e àncora lo spettatore alla serie, certamente, ma soprattutto al suo distributore.

Insomma il modello Netflix è vincente e nel panorama mediatico la vecchia tv potrebbe rischiare la fine della sala cinematografica con la sua espulsione alla periferia dei sistemi dell’audiovisivo se no n si adatta a questa moltiplicazioni degli schermi.

Aquarius probabilmente verrà ricordato proprio per questo cambio, anzi, frattura di paradigma con la quale la televisione si lancia in un nuovo agone dove si formerà il mercato dello spettacolo delle immagini in movimento del futuro. Mica roba da poco.

Aquarius, creato da John McNamara, racconta la storia e l’origine delle vicende e dei carmini perpetrati da Charlie Manson ela sua sua Family (così si chiamava la sua banda/setta), e lo fa seguendo le indagine del detective Sam Hodiak, interpretato da David Duchovny, qui nella parte più importante dopo Californication e proprio prima di tornare nei panni di Fox Mulder per la miniserie in sei puntati che riporterà (speriamo alla grande) sugli scherni X-Files il prossimo gennaio.

La storia è ambientata nel 1967, un periodo di fermento e grande confusione in America: la guerra nel Vietnam sta per prendere la piega peggiore; i movimenti pacifisti sono in crescita così come le idee comunitarie e lisergiche degli hippie; la politica sta per vedere l’ascesa di Richard Nixon; le tensioni razziali sono sul punto di deflagrare; e la musica è pazzesca.

Questo lo sfondo che entra anche da protagonista nella storia che vede Sam Hodiak muoversi in questo universo tra criminalità vecchie e nuova, ma soprattutto lo vede confrontarsi in prima persona proprio con Charlie Manson, qui proposto per quello che era: un criminale pazzo, sessualmente disturbato, con ambizioni da rockstar on un fascio magnetico da farlo sembrare (e forse lo era) un Rasputin in jeans e camicia a fiori.

La storia procede innestando diverse trame e sottotrame che permettono di mescolare l’azione con il privato dei protagonisti il tutto sostenuto da una forte struttura poliziesca che, non potrebbe essere altrimenti, si nutre anche di parecchi cliché che potrebbero far apparire Aquarius kitsch, sicuramente vintage, ma dopotutto quegli anni Sessanta lo erano, no?

Buona visione

 

Massimiliano Pistonesi