Banat, quando il cinema italiano si mette in viaggio. Una grande opera prima

Il film d'esordio di Adriano Valerio con Edoardo Gabbriellini e Elena Radonicich, in concorso alla Settimana della critica di Venezia 2015, esce finalmente in dvd

C'è un cinema italiano che merita frequentare, che fa bene agli occhi e al cuore. Come quello che sta elaborando Adriano Valerio, cineasta italiano ma con lo sguardo aperto sul mondo, in viaggio per comprendere il presente, le relazioni tra persone, il rapporto con la propria terra e con altre terre da incontrare, nelle quali, forse, fermarsi per scrivere nuovi capitoli di esistenze in transito. Nel 2015, Valerio, nato a Milano nel 1977, ha realizzato, dopo alcuni cortometraggi, il primo lungometraggio, Banat - Il viaggio, presentato alla Settimana internazionale della critica di Venezia. Poi, la mancanza di una vera distribuzione ha pressoché impedito al film la vita nelle sale, salvo rare proiezioni. Il vuoto viene finalmente colmato con l'uscita del dvd.

Al centro di Banat (il nome del titolo si riferisce alla regione della Romania dove è stato per la maggior parte girato e ambientato) ci sono due personaggi dalle vite in bilico. Ivo (Edoardo Gabbriellini) abita a Bari e fa l'agronomo. Clara (Elena Radonicich) è restautarice. Entrambi affrontano momenti lavorativi difficili. Lui decide di andarsene dall'Italia e accettare un impiego nella campagna romena. Lei, incinta, vive una precarietà tanto sentimentale quanto relativa al lavoro e si trasferisce nell'appartamento che Ivo sta per lasciare. Si conoscono in quel frangente, condividono per poche ore quelle stanze vuote, piene di scatole, colte nel mezzo di un doppio trasloco, che non appartengono più a Ivo e non sono ancora di Clara. E che la giovane donna abiterà minimamente, scegliendo di raggiungere Ivo in quella terra dura e fredda. Si tratta di andare oltre, di mettersi in viaggio in cerca di un altrove, mossi dall'insoddisfazione, da una situazione economica che è solo il movente per partire, generato soprattutto da un disequilibrio interiore, dal non riconoscersi nei codici e nelle istituzioni sociali esistenti.

Adriano Valerio osserva da quella "giusta distanza" che permette di aderire ai personaggi e agli ambienti con discrezione, con una scrittura prosciugata, eppure senza mai risultare estraneo alle situazioni rappresentate. Nel presente si inseriscono sia fatti precedenti vissuti da Ivo e Clara sia memorie della Romania affioranti in particolare dalla storia personale di Ion, il proprietario della tenuta agricola dove ha trovato lavoro Ivo. Valerio mette i corpi dei personaggi in posa, li ritaglia nelle inquadrature come fossero delle figurine oppure li libera in tutta la loro fisicità mentre cantano o ascoltano una canzone, Se t'amo t'amo di Rosanna Fratello. Quale decisione prenderanno Ivo e Clara? Resteranno in Romania o torneranno in Italia? Il film li abbandona sulle dune di fronte a un mare fuori stagione. Perché Adriano Valerio piuttosto che spiegare suggerisce, affidando agli sguardi, al silenzio, alle parole di una canzone possibili traiettorie da percorrere.