Carlo Verdone torna al cinema con la gradevole favola sentimentale Benedetta follia, affiancato da Ilenia Pastorelli e Maria Pia Calzone
Benedetta follia è il ventiseiesimo film di Carlo Verdone, comico romano ormai patrimonio del nostro cinema al quale il pubblico, dati gli incassi di questa prima settimana di programmazione che lo hanno portato alla testa del box office, continua ad essere affezionato. Anche aldilà dell'effettivo valore degli ultimi film diretti dall'attore e regista romano. Verdone è protagonista affiancato da Ilenia Pastorelli, lanciata da Lo chiamavano Jeeg Robot, e da Maria Pia Calzone, le quali si aggiungono all'ormai lunga lista di donne che hanno popolato il cinema del nostro fin dai tempi di nonna Lella Fabrizi in Bianco, rosso e Verdone e di Eleonora Giorgi in Borotalco.
Benedetta follia, la trama
Verdone interpreta il propietario di un'elegante negozio di arredi e vestiti sacri, frequentato anche dalle alte gerarchie del Vaticano. Il suo passato da coatto con bandana e motocicletta ha lasciato spazio ad un'agiata e tranquilla vita benestante, che viene però interrotta dall'abbandono della moglie, scopertasi lesbica.
Il protagonista cade in depressione, fino a quando la nuova commessa, tipica coatta (Ilenia Pastorelli) assunta nonostante l'evidente stonatura con l'elegante negozio, non lo iscrive ad un sito d'incontri, in stile Tinder. I match però hanno risultati esilaranti, e spesso portano il protagonista in equivoci difficili da spiegare. Emblematica è la gag del cellulare rimasto incastrato nelle zone intime di una delle donne con cui il nostro è uscito. A seguito di alcune di queste disavventure, il protagonista incontra sempre più frequentemente un'infermiera (Maria Pia Calzone) verso la quale scocca la scintilla.
Con l'aiuto quindi della giovane ed energica coatta e con il miraggio di una nuova storia d'amore, il protagonista troverà gli strumenti e le speranze non solo per superare la fase non particolarmente allegra della sua esistenza, ma anche per ripensarla completamente.
l'analisi
"È facile voler bene a Carlo Verdone, un po' meno a certi suoi film. " scriveva il critico Alberto Pezzotta riguardo a Una buona stella. Un po' è vero, in particolare se guardando le sue ultime più o meno deludenti opere la memoria torna ai suoi classici, a quei film a cui più o meno tutti siamo, per ragioni anagrafiche come per motivazioni più profonde, in qualche modo affezionati. Lo stesso discorso può essere fatto per Benedetta follia. Almeno in parte. Probabilmente non vi sorprenderà leggere che anche questo ultimo film ha poco da spartire con, mettiamo, Maledetto il giorno che ti ho incontrato o Borotalco, che non ha momenti capaci di rimanere come Bianco, rosso e Verdone e che manca la sottile satira del sottovalutato Gallo Cedrone o l'amara tenerezza di Al lupo! Al lupo!; non vi sorprenderà neanche sentire che, aldilà del valore del film, è – appunto – comunque difficile avercela davvero con il comico romano. Tutto secondo le previsioni della vigilia, non particolarmente ottimiste, ma ad ogni modo consapevoli di trovare qualcosa; come quando si visita un vecchio amico che ha perso lo smalto della gioventù, ma a cui si è comunque affezionati.
Benedetta follia non è però così inerme e privo d'interesse come lo sono stati gli ultimissimi lavori del regista romano. Perlomeno è assente quel qualunquismo con cui Verdone negli ultimi anni ha affrontato snodi decisivi della nostra società e della contemporaneità, in particolare riferiti alle nuove generazioni, che appesantivano film come Io, loro e Lara o Sotto una buona stella. E perlomeno l'alchimia con Ilenia Pastorelli è più saporita ed efficace di quella con Paola Cortellesi, Laura Chiatti e Antonio Albanese. Buona parte del merito va certamente all'emergente attrice e alla sua trascinante energia.
Carlo Verdone qui pare consapevole del suo declino e decide di volare più basso, perlomeno a livello narrativo e abbandonando ogni velleità di critica sociale e di approccio con la contemporaneità, e di riprendere, in maniera quasi nostalgica e disillusa, alcuni dei luoghi topici del suo cinema. Il moderatamente divertente Benedetta follia è una favola sentimentale ingenua, semplice e un po' fuori dal tempo, condita dalla solita "malincomicità" e dall'altrettanto tipico contrasto tra coattitudine e borghesia, con le insidie delle nuove tecnologie nel ruolo degli antagonisti e con un lieto fine quasi spiazzante nella sua ingenuità e improbabilità.
L'elemento visivo più immediato di questo tono quasi favolistico di fondo è Roma, tirata a lucido ed esaltata in tutto il suo splendore più puro e fuori dal tempo, che sia quello dei sontuosi panorami o quello nascosto dei cortili e dei palazzi. Un'Urbe stupenda, incapace di fare la stupida nonostante gli accenni ai cravattari (nda; usurai in gergo romano) e al sottobosco di criminalità e disagio periferico.
Carlo Verdone
Carlo Verdone riprende gli elementi più tipici della sua poetica svuotandoli di ogni pretesa di complessità e di ogni lettura secondaria, usandoli come fossero simulacri; e il dialogo catartico tra il protagonista e la visione del coatto motociclista proveniente dal suo passato e che sembra uscito da Troppo forte o viaggi di nozze pare il segnale più evidente della consapevolezza di un cinema che non può più avere lo smalto di un tempo. Per quanto continui ad essere difficile volergli davvero male.
In cabina di sceneggiatura ci sono, accanto a Verdone, Nicola Guaglianone e Menotti, autori dello script di Lo chiamavano Jeeg Robot. Il loro apporto si vede particolarmente in una sequenza visionaria che rompe con il contesto del film. È una sequenza onirica che omaggia il celebre sogno di Dugo ne Il grande Lebowsky, in cui Verdone balla in mezzo a ballerine vestite da suora e che in qualche modo testimonia la rottura nell'interiorità del protagonista ra il presente e il passato.
Voto 6
Frase
Tua madre c'ha una relazione con la mia commessa ed è una cosa normale?
Fonte foto https://www.facebook.com/carloverdoneofficial/