Vince il Festival il film dell'iraniano Jafar Panahi, agli arresti domiciliari nel suo paese
Orso d’oro di questo Festival di Berlino 2015 all’iraniano Taxi del regista Jafar Panahi. Questa è stata la decisione della giuria dopo che nelle ore precedenti alla premiazione erano emerse più papabile all’ambito riconoscimento.
È indubbio che il premio assegnato a Jafar Panahi, che ricordiamolo vive agli arresti domiciliari nel suo paese, tanto che il premio è stato ritirato dai membri della sua famiglia autorizzati a lasciare l’Iran, dicevamo che è indubbio che il premio assuma anche un sapore politico. Una scelta chiara contro le manifestazioni liberticide e di intolleranza. Non è da dimenticare, all’interno di quest’ottica interpretativa, di come la serata degli Oscar vedrà fra i protagonisti American Sniper di Clint Eastwood, film controverso e ideologicamente ambiguo (e stiamo usando un eufemismo), e che il premio di Berlino possa essere anche una risposta preventiva e giustificabile al possibile trionfo reazionario e guerrafondaio del film americano (ci siamo dimenticati gli eufemismi).
Taxi racconta l’Iran e soprattutto Teheran da una prospettiva particolare ma certo non originale: quella del sedile di un taxi. Jafar, improvvisato autista e mettendoci la propria faccia, fa sfilare con una certa eleganza, senza essere mai retorico, la sua gente che non sempre a proprio agio racconta l’Iran, la vita del paese che è tutt’uno con il regime che lo governa.
Però quello che emerge è la ricchezza di questo popolo asfissiato da un potere che pretende di controllare ogni aspetto dell’esistenza umana, e contrastato dalla fantasia, dalle nicchie che si ricavano in quegli anfratti , le zone d’ombra, che il regime non riesce a controllare.
Così sul sedile del taxi di Panahi salgono spacciatori di video clandestini, fanatici religioso, una nipote che vorrebbe fare un film secondo i principi del regime, il tutto sempre raccontato con il sorriso, con il tono della commedia.
Va ricordato che anche Taxi è un film clandestino, realizzato di nascosto da Panahi, che ora si vede riconoscere questo suo coraggio, un coraggio che ci dice di come il cinema sia ancora uno strumento per conoscere e interpretare la nostra esistenza e i suoi prodotti. Forse un premio che potrebbe essere criticato, non è con un Orso d’oro che si risolvono i problemi, però certo, sempre meglio, e di tanto, di American Sniper.