L'attore e regista, presentando la seconda stagione di "Vita da Carlo", commenta anche il successo di Barbie, ovviamente a modo suo
È un fiume in piena Carlo Verdone durante il tour promozionale per la seconda stagione di Vita da Carlo, la serie che torna in streaming (stavolta su Paramount+) dal 15 settembre con dieci nuovi episodi. Nel corso di Non è un Paese per giovani, il programma di Rai Radio 2 condotto da Massimo Cervelli e Tommaso Labate, l'attore e regista si scaglia contro il politically correct e la cancel culture.
Carlo Verdone, serie tv schivando il politicamente corretto
La paura di Verdone è che, con l'attuale metro di giudizio di ossessivo ed estremo rispetto verso tutti, "i film di Alberto Sordi sarebbero da prendere e buttare nel gabinetto". Un esempio è il live-action Disney di Biancaneve in uscita nel 2024, con l'attrice afrodiscendente Rachel Zegler come protagonista e l'assenza dei sette nani sostituiti da altre creature magiche senza "discriminazioni" fisiche, di genere o etnia.
Il politicamente corretto è una sciagura. Siamo arrivati al punto di dire che Biancaneve non può essere troppo bianca perché è un'offesa ai neri. Ma chi l'ha detto? Alcune frange di femministe americane. Siamo alla follia più totale.
Un altro caso è quello della Cleopatra nera nella docu-serie Regina Cleopatra, omaggio all'ultima sovrana di Alessandria (interpretata dall'attrice britannica afrodiscendente Adele James) prodotto da Jada Pinkett Smith per Netflix e accusato in Egitto di aver falsificato la storia.
Cleopatra l'hanno fatta diventare scura. Perché è stata la regina d'Egitto? Innanzitutto non era egiziana ma aveva origini macedoni, era la figlia di Tolomeo, un generale di Alessandro Magno. Per quale motivo deve essere scura? Questo sembra pietismo, quasi un atto di carità verso i neri. E la storia viene stravolta. Oggi quando scriviamo la sceneggiatura ci blocchiamo 4-5 volte per il politicamente corretto. Ma seguendo quei canoni l'80% dei film della commedia all'italiana deve essere preso e buttato via. Penso a quello che avrebbero potuto dire oggi per certi miei film tipo Gallo cedrone o Compagni di scuola con Alessandro Benvenuti sulla carrozzina. Tutto sta andando in una direzione sbagliata che ci porta a un impoverimento della creatività.
Carlo Verdone: Barbie? "Come sono entrato, così sono uscito"
Nella conferenza stampa di lancio, in compagnia del produttore Aurelio De Laurentiis, Verdone ha rilasciato altre dichiarazioni rincarando la dose. In un'intervista concessa a La Stampa, si scaglia contro il sistema cinema di oggi.
Funzionano due-tre film americani, per il resto non si riesce a invogliare il pubblico ad andare in sala. Non so quale possa essere la ricetta per uscire dalla crisi. Ogni giorno, però, guardo i dati Cinetel e mi preoccupo: in cima figurano sempre due soli film, ossia Barbie e Oppenheimer. C'è qualche film italiano che tenta qualcosa in più, ma più di tanto non ce la si fa. Ecco, dovremmo interrogarci su questo, senza farci troppe masturbazioni sul perché non si prendano attori italiani nei film americani.
Il riferimento è alla polemica di Pierfrancesco Favino alla recente Mostra di Venezia, dove l'attore si è detto "stanco di accettare che attori stranieri interpretino italiani".
Sono polemiche che lasciano il tempo che trovano. Ha risposto bene Sofia Coppola replicando che il regista è l'artefice del film, quindi è lui che deve scegliere. Se Mann voleva Adam Driver per Ferrari, va bene così. Bisogna riflettere non su questi problemini marginali, ma su cosa davvero serva al nostro cinema: è un problema di scrittura? Vogliono altri attori? Serve più sperimentazione? La mia carriera ormai l'ho fatta, mi preoccupo per chi verrà. Il futuro è un gigantesco punto di domanda, ogni giorno chiude una sala.
Quanto a Barbie, a Verdone non è piaciuto ma gli riconosce un merito.
Io come sono entrato, così sono uscito. Poi mi hanno subito redarguito dicendo: 'Ma no, guarda che è un film molto moderno'. E io mica li critico, si vede che è sfuggito qualcosa a me... Personalmente ho adorato Oppenheimer: forse un filo troppo lungo, ma amo Nolan.