Ha vinto la statuetta per il miglior film straniero con Una separazione e Il cliente. I suoi sono film corali che indagano le relazioni umane
Secondo Oscar per Asghar Farhadi. La prima statuetta il regista iraniano l'ha vinta nel 2012 con Una separazione. Nel 2017 gli è stata assegnata per Il cliente. Farhadi è, da diversi anni, l'autore più rappresentativo del cinema dell'Iran, una cinematografia che, nella sua storia, ha sempre espresso nomi illustri, si pensi, per rimanere a cineasti noti a livello internazionale, a Abbas Kiarostami, Amir Naderi, Mohsen Makhmalbaf.
Nato nel 1973, Farhadi ha elaborato, film dopo film, una personale e progressiva indagine sulle relazioni sociali nell'Iran contemporaneo. Il suo primo lungometraggio - in una filmografia che comprende anche regie per serie televisive popolari, sceneggiature e produzioni, cortometraggi e documentari - risale al 2003. Si tratta di Raghs dar ghobar (Dancing in the Dust), ritratto di un giovane operaio dell'Azerbaijan e della ex moglie. L'anno seguente realizza Shar-e Ziba (Beautiful City), in cui si narra la possibile nascita di una relazione tra una ragazza madre e l'amico di un giovane condannato a morte. Del 2006 è Chahar Shanbeh Souri (Fireworks Wednesday), ambientato alla vigilia del capodanno iraniano tra gli abitanti di un palazzo dove una ragazza prossima al matrimonio scopre realtà di coppia a lei sconosciute. In questi primi tre lavori, meravigliosi, si incontravano gli elementi che sarebbero stati esplorati con sempre maggiore intensità da Farhadi nei film successivi, portandolo alla notorietà fuori dai confini dell'Iran, anche se i festival più attenti si erano già accorti di lui.
Bisogna attendere il suo quarto lungometraggio, About Elly (2009), perché anche il pubblico italiano cominci a scoprire lo sguardo filmico e l'amore per i personaggi che contraddistinguono il suo cinema. Primo film di Farhadi a essere distribuito in Italia, Orso d'argento al festival di Berlino 2009, About Elly, quasi del tutto girato in una villa disabitata che si affaccia sul mare dove soggiornano temporaneamente i protagonisti trenta-quarantenni con i loro figli piccoli, dispiega, lentamente, un progressivo malessere esistenziale richiamando L'avventura di Michelangelo Antonioni e Cul de sac di Roman Polanski. Al tempo stesso, il film, come sempre in Farhadi, rimane profondamente radicato nelle contraddizioni e seduzioni dell'Iran di oggi. Una separazione (2011) è la tappa successiva di questo percorso, e di un cinema corale. Orso d'oro a Berlino come miglior film, migliori attrici (la stella del cinema iraniano Leila Hatami, Sareh Bayat, Sarina Farhadi) e migliori attori (Peyman Moadi, Ali Asghar Shahbazi, Babak Karimi), Una separazione descrive lo sfaldamento di una coppia e le ripercussioni di questa scelta su altri personaggi con uno stile che non può non evocare il lavoro di John Cassavetes. Con Il passato (2013) il regista dirige il suo primo film lontano dall'Iran, in Francia, una sorta di ideale proseguimento di Una separazione, un lavoro ancora più corale per narrare i (dis)equilibri di due uomini, due donne, due bambini, una ragazza, mentre la figura di un'altra donna, in coma dopo un tentativo di suicidio, incombe sui personaggi. Ed eccoci a Il cliente e al cinema di un autore sempre più polanskiano, nel senso della ferrea, e teorica nella messa in scena, disamina dei comportamenti, dei gesti, del pensiero di personaggi maschili e femminili posti a confrontarsi, a scontrarsi, a duellare in una infinita luna di fiele.