Ildiko Enyedi vince l'Orso d'oro a Berlino. Ritratto della regista ungherese

La giuria presieduta da Paul Verhoeven premia On Body and Soul, storia di due personaggi che sognano gli stessi sogni

L'Orso d'oro della sessantasettesima edizione del festival di Berlino è stato assegnato, dalla giuria presieduta da Paul Verhoeven, a On Body and Soul della regista ungherese Ildiko Enyedi, 61 anni, nata a Budapest il 15 novembre 1955. Ma chi è Ildiko Enyedi? Dal 1989 a oggi ha realizzato sei lungometraggi, due cortometraggi e una serie televisiva. In un paese, l'Ungheria, che in passato è stato fucina di talenti cinematografici e che nel presente, come conseguenza di uno stato sociale problematico, ha reso ardua la vita agli artisti, costretti a lottare, anche per anni, per riuscire a realizzare un film. Del cinema ungherese degli ultimi decenni si conosce il nome di Béla Tarr, autore intransigente e estremo (tutti i suoi lungometraggi sono stati riuniti in un prezioso cofanetto messo in commercio in Italia dalla piccola e battagliera casa di distribuzione Movies Inspired). E poco altro. Ora è riapparso quello di Ildiko Enyedi, assente dagli schermi, se si eccettuano i due corti, dal 1999, quando presentò Simon magus.

La sua è una filmografia dove l'elemento fantastico, il sogno che interviene nella realtà, assume un ruolo essenziale. Lo è nel film premiato a Berlino, dove due personaggi che lavorano in un mattatoio, la giovane Maria, assunta per controllare l'attività, e il più anziano Endre, suo capo, entrambi amanti del silenzio e di un vivere appartati, scoprono di sognare ogni notte gli stessi sogni. Cercheranno di renderli concreti. Ma già nel film d'esordio di Ildiko Enyedi, Il mio XX secolo (1988), premiato con la Caméra d'or al festival di Cannes del 1989 come migliore opera prima, il sogno, la magia, una forza misteriosa e elettrica mettevano in relazione personaggi e luoghi, sparsi non solo per il mondo ma fino alle stelle. In un bianconero richiamante il cinema delle origini, ricorrendo all'iride da cinema muto per chiudere e aprire capitoli, la regista immaginava il passaggio dal XIX al XX secolo, anche con molta ironia e gusto cinefilo e intellettuale. Ai piccioni viaggiatori si sostituiva il telegrafo inventato da Edison, pioniere della luce e del cinema. Inserti di cinema (muto), rivoluzionaria invenzione di quegli anni, appaiono nel film. Le stelle parlano e osservano curiose la Terra e gli umani. Ma la curiosità, racconta una scimmia parlante, può essere pericolosa (lei, per avvicinarsi all'uomo bianco, finì in trappola e in uno zoo).

Non è così casuale che a realizzare uno dei film della bellissima serie 2000 vu par... (progetto della rete francese Arte di dieci film televisivo-cinematografici sull'attesa del nuovo millennio) sia stata la regista ungherese, chiamata con Tamas et Juli (1997) a inventare un altro passaggio di secolo. Mentre nel successivo Simon magus una storia d'amore si sviluppa con toni visionari tra personaggi che non parlano la stessa lingua in un mondo costruito da Ildiko Enyedi sulla linea del surreale.