Luca Guadagnino, un amore per il cinema senza confini

Il regista è l’unico italiano al festival di Berlino con Chiamami con il tuo nome tratto dal best-seller di André Aciman e basato sulla scoperta del desiderio

Sta per girare il remake di Suspiria, Luca Guadagnino. Con Dakota Johnson, una delle star del momento grazie alla trilogia delle “cinquanta sfumature”, Chloë Grace Moretz e l’immancabile Tilda Swinton, attrice icona del cinema del regista siciliano. Che si confronta sia con un classico dell’horror sia con un capolavoro, che Dario Argento firmò nel 1977. Con tale scelta Guadagnino si conferma uno dei pochi cineasti italiani con lo sguardo - filmico, produttivo, e nella scelta degli interpreti e dei luoghi - internazionale, aperto sul mondo. Un cinema, il suo, e fin dagli esordi, apolide, spesso assurdamente e con pre-giudizi criticato in Italia. Guadagnino persegue un proprio stile che ha come primo riferimento il cinema stesso, la sua memoria. Al festival di Berlino è l’unico italiano, invitato con la sua opera più recente, Chiamami con il tuo nome (dal best-seller di André Aciman) già selezionato dal Sundance Film Festival 2017. Storia di un amore tra due adolescenti durante un’estate nella provincia italiana (è stato girato in buona parte a Crema, dove abita Guadagnino). Storia di desideri, scoperta del sesso, di passione e intimità. Linee che percorrono tutta la filmografia del regista. E storia di corpi interpretati da un cast internazionale e di lingue che si incontrano e sovrappongono, altro tratto ricorrente, come quello di una sessualità etero e lgbt da esplorare. In Chiamami con il tuo nome italiano, francese, tedesco, inglese. Per questo i film di Guadagnino vanno visti (quando è possibile…) nella loro versione originale. Altrimenti buona parte del senso del lavoro si appiattisce. Come nel caso della versione italiana del suo precedente A Bigger Splash, del 2015. Quando si assiste a tali scempi, non può non venire in mente il massacro compiuto sulla versione italiana de Il disprezzo (1963) di Jean-Luc Godard (nelle sale da febbraio 2017 nella sua versione integrale restaurata). Sono trascorsi oltre cinquant’anni, ma nulla pare essere cambiato!

Guadagnino, in tal senso, ama spiazzare con le sue scelte non convenzionali, e ben venga un regista che osa la sperimentazione, esponendosi anche all’incomprensione. Fin dal suo primo lungometraggio, The Protagonists (1999), testo sperimentale nel ricostruire un assassinio avvenuto a Cambridge, dal cast urtante (Tilda Swinton, Laura Betti, Michelle Hunziker…). Perché urtante è il suo cinema, lo sono le immagini che crea, musicali e visionarie. Accadeva già nel corto Qui (1997), vale a dire una coppia in una stanza, in una scena di sesso con blow job, omaggio a Ultimo tango a Parigi e a Bernardo Bertolucci, punto di riferimento per Guadagnino (che nel 2013, con il montatore di fiducia Walter Fasano, gira il documentario Bertolucci on Bertolucci). Non sorprende che sia Guadagnino a portare sullo schermo Melissa P. (2005), ispirato alle vicende erotiche della protagonista del libro-diario della scrittrice catanese 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire, e a contaminare, ancora una volta, il cast: Geraldine Chaplin, la spagnola María Valverde, Pier Giorgio Bellocchio…

Guadagnino, nei suoi film, osserva da lontano, e al tempo stesso da molto vicino, quel che accade negli spazi, negli interstizi di un’inquadratura. Sia che si tratti di una lussuosa dimora milanese (Io sono l’amore, 2009) sia che i luoghi da filmare siano le strade di Sanremo o la collina, la campagna di quell’entroterra (Cuoco contadino, 2004). Sia che l’attenzione dello sguardo si posi su un volto sia che si avventuri nei cromatismi cangianti di una notte catanese (Mundo civilizado, 2003) o di un’esplorazione diurna dell’Etna. È una questione di luce, e di erotismo diffuso in una filmografia che contiene anche videoclip e documentari che sfuggono a ogni regola del genere. Luce e seduzioni che brillano in A Bigger Splash, noir erotico girato a Pantelleria, forgiato su grovigli sentimentali che sfociano nel melodramma (si pensi al finale). C’è già Dakota Johnson, e c’è un superbo Ralph Fiennes.

Il cinema di Guadagnino è davvero senza confini e con il suo sguardo luminoso e carnale invita a un viaggio che è, semplicemente (ovvero con un’esibizione dell’artificio pensata in ogni passaggio fino a renderla naturale), passione per il cinema.