Claudio Amendola: "Sono pacato e accondiscendente, il coatto arrogante lo faccio solo al cinema"

L'attore festeggia 40 anni di carriera e al "Corriere" si sfoga: "La ritengo una calunnia, il coatto lo faccio solo al cinema"

Nel 2022 Claudio Amendola festeggia quarant'anni di carriera. Un traguardo importante celebrato con I Cassamortari, il suo terzo film da regista uscito su Prime Video lo scorso 24 marzo, la terza stagione di Nero a metà (in onda ogni lunedì su Rai1) e la novità Il Patriarca, remake della serie spagnola Vivere senza permesso prossimamente su Canale 5. Intervistato per l'occasione dal Corriere della Sera, l'attore romano rivela che la sua carriera è cominciata quasi per caso.

Claudio Amendola oggi: da Il Patriarca ai 60 anni

A differenza di quanto si può pensare, Claudio Amendola confessa che ha iniziato a recitare non grazie al padre Ferruccio ma per merito di sua madre, la doppiatrice Rita Savagnone. Erano i primi anni Ottanta: Amendola aveva lasciato la scuola (non ha mai finito il liceo) e faceva il commesso a tempo perso quando gli giunse voce del casting di Storia d'amore e d'amicizia, uno sceneggiato della Rai tratto dal libro La ballata di un campione di Guglielmo Spoletini.

Mi disse che il regista, Franco Rossi, cercava un ragazzo con una faccia tipo la mia. Io non ci pensavo, non avevo il sacro fuoco della recitazione, pensavo che avrei fatto qualcosa prima o poi. Meglio poi. Tipo l'intrattenitore nei villaggi Valtur. Andai al provino come a un colloquio per fare il commesso, più per fare un favore a mamma. E mi sono trovato in un letto con Barbara De Rossi. Poteva andare peggio.

L'attore racconta al Corriere che gli piace stare da solo, in particolare al ristorante e al cinema, e che ha un unico grande rimpianto: aver rifiutato il ruolo da protagonista nell'esordio di Ferzan Özpetek Il bagno turco perché "non pensavo di essere capace, non avevo capito Ferzan e perché sono un coglione".

Claudio Amendola: film di Sordi e Vanzina "davano fastidio"

Oggi, alla soglia dei 60 anni che compirà il prossimo febbraio, confessa di essere infastidito da una sola cosa: quando lo descrivono come "arrogante" e "coatto". 

Non lo sono, lo faccio al cinema. Lo ritengo una calunnia e mi ferisce. Sono uno pacato e accondiscendente, fino a un limite che non permetto a nessuno di superare. Ho grande rispetto per il lavoro di tutti. Contano molto i rapporti che hai con tutti quelli che lavorano con te. Mica mi danno retta solo per il faccione mio, come diceva Sordi.

Alberto Sordi e i fratelli Vanzina sono le persone che hanno influenzato di più il suo percorso artistico. Eppure i loro film facevano storcere il naso "a quella sinistra di cui faccio parte anche io". 

Dava fastidio che i loro film, soprattutto quelli sull'edonismo degli anni Ottanta, raccontassero il Paese in maniera più diretta di quelli di tanti autori. Non gli è stato riconosciuto che avevano su questo Paese un occhio più disincantato e più vicino alla commedia dei grandi maestri di tanti loro colleghi. Hanno avuto anche un altro merito. Lo hanno fatto incassando anche soldi. Ci hanno fatto lavorare e guadagnare tutti. Come pure Vittorio Cecchi Gori.