Conversazione con Sandro Magliano, D.I.T. – Seconda parte

continua l'intervista a Sandro Magliano alla scoperta della professione del Digital Imaging Technician

Hai qualche esempio di casi in cui il tuo intervento ha contribuito a risolvere delle problematiche sul set, in termini di collaborazione con il direttore della fotografia, e di cui sei soddisfatto in termini di risultato? 

Sì, ci sono situazioni in cui il DIT va a compensare il lavoro del DP, ad esempio in caso di problemi dovuti al tempo atmosferico, o a particolari condizioni di ripresa.

Un esempio: girando un esterno giorno, ci siamo trovati ad avere una scena di dialogo con un campo con un taglio di sole, e il controcampo invece con il sole ormai irrimediabilmente velato, con luce molto più morbida.

Abbiamo pensato allora di utilizzare per il controcampo dei proiettori che simulassero il sole, e da parte mia come DIT c'è stata una correzione colore live sul set che ha permesso di mascherare la forte differenza tra i piani e renderli perfettamente omogenei e in continuità, verificando in diretta questa possibilità, quindi senza bisogno di riprogrammare lo shooting in presenza di sole diretto. Il risultato è stato positivo.

Non vuol dire che in ogni situazione si possa procedere in questo modo, il responsabile creativo è e resta il DP, ma in questo caso si è trattato di un buon piano B che ha permesso di risparmiare tempo e portare a casa la scena.

Un altro esempio mi è capitato su un film americano girato con camera RED Epic, Elsa & Fred, il cui DP era un sostenitore della funzione HDR (High Dynamic Range), con la quale si creano fotogrammi supplementari per estendere il range dinamico delle immagini e recuperare dettagli in particolare nelle alte luci.

In quel caso la funzione è stata utilizzata in un esterno notte in strada, e il DP era stato avvertito che questo avrebbe potuto determinare un effetto di “flicker” delle luci (interferenza con l'otturatore della macchina da presa, con una pulsazione innaturale di alcune luci), ma ha preferito farlo ugualmente.

Appena prima che fosse dato il motore, ho invitato il DP nella tenda dove lui stesso ha potuto verificare il problema. Il set è stato fermato e il DP si è preso un tempo per sostituire alcune luci e ottimizzarne altre in modo da minimizzare il problema. Se non lo avessimo fatto, l'errore sarebbe stato irreversibile, e il DP avrebbe potuto utilizzare solo i fotogrammi standard, senza ottenere il tipo di esposizione che voleva.

In un set tipico, cosa c'è sul tuo carrello di DIT? 

In un recente lavoro, ad esempio, fatto per una serie americana per la NBC, Allegiance, con due episodi girati anche in Italia, sul mio carrello c'erano: un monitor 10 bit per il DP, un altro monitor di controllo del software, un computer per gestire la color live sul set, un modulo UtraStudio 4K, ovvero un video-hub di registrazione che passa il segnale dalla camera al computer dove gestivo la color live con il software DaVinci Resolve, da cui estrapolo anche le still (immagini fisse) per il DP per controllare la continuità fotografica. Posso inoltre fare delle correzioni cosiddette “secondarie” delle immagini, più complesse e legate a singole parti del fotogramma.

Un gruppo di continuità, che mi permette anche in caso di mancanza di corrente di continuare ad alimentare i dispositivi, compresi i monitor del regista ed eventualmente dell'agenzia (negli spot). Poi un pannello colore per controllare i valori cromatici immagine. Quindi la tenda, per la visione corretta al buio.

Tutto un altro gruppo di attrezzature riguarda invece lo scarico del girato, il suo backup (ovvero le copie di sicurezza) e il suo controllo. 

Gestivi in questo caso anche il cosiddetto data management? 

Sì, essendo una serie girata con la le camere Arri Alexa Plus in formato ProRes 444, potevo permettermi di gestire questo da solo, in quanto lo scarico dei file, più leggeri, avviene in pochi minuti e il controllo del girato è più semplice, rispetto ad esempio ad un film girato in Arriraw (formato digitale non compresso ad altissima qualità, ma “pesante” per dimensioni dati) dove si ha bisogno di almeno un'altra persona, o due, per gestire scarico, controllo girato, renderizzazione, transcodifica, e invio dei “dailies” (giornalieri) da far visualizzare a regista, produzione e poi alla post.

Ci sono allora dei Data Manager separati, ma comunque sotto la supervisione del DIT, perché rimane sua la responsabilità che il workflow funzioni senza problemi. 

Nel nostro lavoro sul set c'è sempre qualche timore, dati i tempi stretti e gli alti costi di lavorazione. In particolare a proposito della gestione dei dati digitali, qual'è la paura più grande per un DIT? 

Già solo la domanda mette paura (ride).. Forse la paura più comune è quella di perdere i file, è successo, in particolare vedersi danneggiare una scheda in fase di scarico, e non riuscire più a estrapolare i dati del girato.

Di questo però non ho ormai più paura: ci sono e ci sono sempre stati processi informatici per recuperare i file. Importante è contrassegnare bene la scheda per evitare di formattarla e quindi cancellarla accidentalmente prima del completo recupero dati.

Sei tu in genere il responsabile della formattazione sul set?

Sì preferisco farlo io, in generale, non perché gli altri non possano e sappiano farlo - in teoria la gestione sarebbe del “second assistant camera” - ma perché preferisco togliergli questa responsabilità enorme, dato che sul set ha talmente tante cose da fare, e potrebbe non avere in qualche momento la lucidità necessaria. Io sono abituato a farlo e ho sviluppato un mio metodo per cambio e formattazione delle schede. 

In sintesi - e anche semplificando, dato il dibattito in corso e la complessità del problema - come vedi il futuro della cinematografia digitale, in particolare in Italia, anche rispetto al 4K e alle definizioni e formati sempre maggiori? 

Credo che l'obiettivo principale sia trovare una soluzione per arrivare all'uso del 4K (formato digitale ad alta definizione con larghezza del fotogramma pari a più di quattromila pixel) come standard generale sia per la ripresa, che per messa in onda e soprattutto proiezione in sala; in Italia le sale attrezzate per proiettarlo sono ancora troppo poche. Ma avere un formato così grande non ha nemmeno troppo senso se viene gestito con un flusso dati (bitrate) basso.

Il 4K ha bisogno di un flusso dati alto per essere davvero funzionale. Altrimenti quello che fa ad esempio già la camera Alexa per il 2K o poco più, con un bitrate non altissimo ma estremamente performante, può andar bene. 

Vorrei che nei prossimi anni direttori fotografia e DIT potessero avere una maggiore scelta di macchine con sensori diversi, non necessariamente in formato super35, perché anche in base ai sensori si differenziano i look fotografici. Vorrei anche una scelta di camere che abbiano un utilizzo diverso del look e del controllo colore, in modo da poter scegliere non tanto “la migliore”, ma quella di volta in volta più adatta al progetto che si sta per girare.

A volte questa scelta, in particolare in Italia, e ancora di più nelle produzioni low-budget, viene fatta principalmente in base al costo di noleggio, e trovo questo sbagliato, non bisogna sfruttare il digitale in questo modo. 

Il digitale è stato un passaggio epocale, come per il passaggio al sonoro o quello dal bianco e nero al colore, e si passa ormai da un cinema in pellicola ad un cinema interamente digitale. E il digitale non nasce e non è un'alternativa low-budget, ma la continuazione e il miglioramento della tecnologia della pellicola.

Tra l'altro ci sono sempre più situazioni che possono essere riprese e controllate efficacemente solo con l'uso di macchine digitali, come ad esempio scene complesse con massiccio inserimento di effetti speciali digitali.

Paolo Bravi