Critici e film: il caso del “piccione”

Un caso esemplare sui criteri di giudizio imperscrutabili e preconcetti della critica

Il film vincitore del Leone d'oro 2014, dall'accattivante titolo Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza, riesce a raggiungere due finalità difficilmente compatibili: annoiare ed irritare lo spettatore. Evidentemente un risultato simile, difficilissimo da ottenere in base alle leggi che regolano il caso, non poteva che essere un obiettivo perseguito del regista Roy Andersson. Le scene sono fisse, senza alcun movimento di telecamera, e gli attori si muovono pochissimo, esprimendosi in maniera torpida e monotona. A stento si riesce a percepire chi sta parlando, dato che la prospettiva è tale da far risultare lontani i visi. I diversi 'quadri' in sequenza, e le immagini prive di personaggi (come quella  di un corridoio), durano a lungo sullo schermo. Il modo migliore per condurre all'esasperazione chi, incoraggiato dalla critica, abbia deciso di spendere così malamente cento minuti della sua esistenza (che per la nota teoria relativistica paiono circa duecentottanta).

Per www.mymovies.it, si tratta di una «ricerca visiva sempre più stimolante». Il Fatto quotidiano on line, poi, dice che il film «andrebbe protetto, preservato, sostenuto» e ... «peggio per chi non andrà a vederlo». Certo, l'argomento trattato, il dissidio fra il tragico e il banale che si manifestano nell'esistenza, e il fatto che questa sia priva di empatia, è senz'altro interessante. Ma nel cinema, come in ogni altra forma d'arte, ciò che importa non è il tema prescelto, ma come questo viene espresso. Propinare allo spettatore una serie di incomprensibili avvenimenti scollegati e sconclusionati non è certo il modo migliore per coinvolgerlo nel significato del messaggio.

Ma il punto saliente della questione non è tanto il film, quando il fatto che sia stato premiato e ben recensito. C'è davvero da riflettere quando si gratificano opere del genere: i criteri di giudizio rimangono imperscrutabili, nella migliore delle ipotesi. Il pensiero va subito a quante ben degne opere ci rimangono sconosciute perché non accettate dai santuari della cosiddetta cultura. Un premio mal dato può essere un attentato alla cultura vera. Logica conclusione di tutto ciò è un invito a vedere il film: dopo di che potranno essere goduti persino i cinepanettoni.    

 

Arnaldo Miglino