Chi è Djibril Diop Mambety, il regista senegalese amato da Scorsese

Poeta del cinema africano. Innamorato di Dakar e della sua gente. I suoi film sono disponibili in dvd. Per scoprire un autore dal talento straordinario

I festival servono per incontrare film altrimenti invisibili, salvo eccezioni, sul mercato italiano. Ci sono i festival generalisti e quelli specializzati su argomenti tematici o aree geografiche. A quest'ultima categoria appartiene il festival del cinema africano, d'Asia e America Latina di Milano, giunto alla ventisettesima edizione (20-26 marzo 2017). Per anni esclusivamente dedicato alle cinematografie africane, ha poi allargato il suo orizzonte alle produzioni asiatiche e sudamericane. Uno degli invitati abituali era il regista senegalese Djibril Diop Mambety, autore di pochi film che, però, più di tutti, hanno contribuito a rendere moderno il cinema di un intero continente. Mambety è scomparso nel 1998. Nel 2018 saranno vent'anni. Si preparano le necessarie ricorrenze. Nell'attesa, e approfittando della settimana milanese (l'inaugurazione è con il documentario candidato all'Oscar 2017 I Am Not Your Negro di Raoul Peck, un cineasta scoperto in Italia dal festival di Milano, dove vinse l'edizione del 1994 con il suo secondo lungometraggio di finzione L'homme sur les quais), ecco un ritratto di Djibril Diop Mambety i cui film sono reperibili in dvd anche in Italia.

Cresciuto vedendo western e film indiani, e poi scoprendo al Ciné Club di Dakar le opere di Chaplin, Carné, Renoir e Godard, attore nei caffè-teatri e quindi nella compagnia del teatro nazionale Daniel Sorano della capitale senegalese, Mambety esordisce dietro la macchina da presa nel 1968 con Contras City, ponendosi fin da subito all'avanguardia del cinema del Senegal e dell'Africa sub-sahariana per il modo originale di affrontare questioni sociali profonde, come il rapporto tra Africa e Occidente nelle sue varie forme di colonizzazione, militare, culturale, finanziaria. Mambety è stato il poeta visivo di un intero continente, l'autore africano più visionario nel re-inventare l'Africa usando lo schermo come spazio in cui le immagini, i suoni, i corpi ingaggiano un continuo confronto semantico alfine di individuare nuovi percorsi della percezione e del discorso politico, sempre dentro un realismo a contatto con la metafora, il simbolico. Con Le franc (1994) iniziò una trilogia dedicata alla "piccola gente" di Dakar, continuata con La petite vendeuse de Soleil (1999, uscito postumo) e rimasta incompiuta per la sua prematura scomparsa a 53 anni. Due film che hanno come protagonista assoluta Dakar e la sua popolazione, raccontate con i toni leggeri e taglienti della satira, e con linguaggio sperimentale. Elementi presenti anche nelle altre sue opere: Badou Boy (1969), Touki Bouki (1973), suo primo lungometraggio e il capolavoro del cinema africano (restaurato nel 2008 dalla fondazione di Martin Scorsese), Hyènes (1992), ovvero riposizionare il testo teatrale del drammaturgo svizzero Friederich Durrenmatt La visita della vecchia signora sotto il cielo di Colobane, villaggio ai confini di Dakar, e Parlons Grand-Mére (1989), poetica descrizione della lavorazione di Yaaba di un altro maestro del cinema africano, Idrissa Ouedraogo.