Dogman, l'umanità contraddittoria di Matteo Garrone

Matteo Garrone dirige Dogman, una storia di umanità graffiante ed emozionante in una periferia fantasma.

Matteo Garrone torna a girare a Villaggio Coppola, una location livida e desolante che ha scelto come scenario del suo primo film L’Imbalsamatore e di alcune parti del cult Gomorra. Perchè l’ambiente nei film del regista romano è un vero e proprio protagonista, capace di ipnotizzare lo spettatore e invitarlo a vivere in prima persona storie di profonda umanità, tra realismo e poesia. Dopo essere stato presentato in anteprima alla 71° edizione del Festival di Cannes, Dogman è nelle sale italiane dal 17 Maggio. Ispirandosi al brutale fatto di cronaca del 1988, riguardante la tortura e l’omicidio del pugile Giancarlo Ricci per mano di Pietro De Negri, soprannominato il Canaro della Magliana, Matteo Garrone ha realizzato un film drammatico con una forte potenza emotiva, dalla prima all’ultima scena. “Al cinema ho visto film simili come per esempio Un Borghese Piccolo Piccolo, con l’idea del buono che piano piano si trasforma in un mostro, ma quell’idea mi allontanava da questa storia. Con la dolcezza e umanità di Marcello invece, girando il film, ci è sembrato una stonatura evidente che lui finisse in quel modo nel corso della storia”.

Dogman: la trama del film

Marcello è un uomo semplice, separato dalla moglie ma legato alla figlia Sofia, per la quale è molto presente. Gestisce un salone di toelettatura per cani in una periferia povera e degradata, ma si lascia coinvolgere in affari criminali dall’amico Simone, detto Simoncino, un ex pugile uscito di prigione che conosce soltanto il linguaggio della violenza. Il loro rapporto è il cuore pulsante del film, in un costante disequilibrio di attenzioni e sentimenti. Nonostante gli abusi e le aggressioni del compaesano prepotente e ignorante, Marcello non perde occasione per dimostrargli la sua lealtà, sacrificando persino la libertà e la sua reputazione all’interno della comunità. Cerca di proteggere il suo piccolo mondo, sua figlia, il suo negozio che gli permette di sopravvivere e i suoi cani, ma deve lottare per non restare prigioniero dell’incubo di un altro.

Dogman: gli invisibili di Matteo Garrone 

Marcello Fonte, volto curioso che abbiamo visto nel recente film Io Sono Tempesta, dona al suo personaggio una ricchezza espressiva unica e funzionale alla sceneggiatura. Ugo Chiti e Massimo Gaudioso hanno lavorato per molti anni su questo soggetto, insieme a Matteo Garrone, esorcizzando l’estrema ferocia del fatto di cronaca con una narrazione più astratta e intima. La costruzione della personalità sensibile e tenera di Marcello, contrapposta alla follia negativa dell’antagonista, interpretato da un irriconoscibile Edoardo Pesce, permette al film di travolgere lo spettatore con una fiaba nera, graffiante e magnetica. Dogman dà voce agli ultimi, agli invisibili, coloro che vivono secondo le regole, anche se questo richiede sacrificio e devozione ingiustificati. La scena si consuma in una periferia fantasma, immersa nel fango, con un mare sullo sfondo che non suggerisce la spensieratezza dell’estate, ma è uno spettatore austero delle crudeltà consumate nei dintorni. La fotografia livida e suggestiva regala inquadrature che comunicano attraverso le immagini, mentre i personaggi vivono e si muovono in una perfetta armonia imprevedibile all’interno di un vortice impazzito di contraddizioni, tradimenti e un rispetto inseguito invano. 

Dogman: l’umanità contraddittoria del canaro 

La natura di Dogman è viscerale e romantica, e offre anche una lettura politica e sociale. Marcello passa la maggior parte delle sue giornate in compagnia dei suoi amici a quattro zampe, dai quali riceve affetto e attenzione. Come loro resta fedele a Simoncino, nonostante i continui maltrattamenti, alla ricerca di un riscatto e della sua idea di giustizia. Non accetta di eliminare la minaccia come tutti hanno intenzione di fare, ma crede fermamente in una soluzione più ragionevole e indolore, cercando quasi di liberare il suo compare dal Male, ormai ben radicato in lui. Pur commettendo i suoi errori di valutazione, Marcello suggerisce un’idea di martirio moderno e sottolinea la condanna della violenza che, oggi, è sempre più facile strumento di espressione. Garrone riesce a portare sullo schermo una storia di umanità passionale e viscerale senza optare per toni scioccanti e disturbanti, ricorrendo alla sua poetica molto personale che già ci ha conquistato con le sue opere precedenti. Qualcuno leggendo la trama potrebbe pensare ad un film cruento e sanguinario, che mette in scena la tortura fisica senza freni. Ma non è così, poichè Garrone lancia un messaggio forte e chiaro senza ricorrere al sensazionalismo visivo, ma concentrandosi sulla lettura psicologica di esseri umani con le loro debolezze, insicurezze e ideali. Come ha sottolineato Garrone “Dogman è un film sulla violenza, ma una violenza psicologica, non legata ad aspetti sanguinolenti o splatter”. 

Dogman: un cast indovinato per il film di Garrone

Il ritmo del film scorre dinamico e coinvolgente, grazie ad una regia attenta e a un cast carismatico, legato da una chimica pungente e incisiva. Oltre a Edoardo Pesce e Marcello Fonte importante la presenza della piccola esordiente Alida Calabria, Nunzia Schiano, Adamo Dionisi e Francesco Acquaroli. La capacità del regista di introdurre spunti ironici in una storia fortemente drammatica, ha avuto successo in particolare per il suo protagonista umile, contraddittorio ma anche custode di una naturale comicità che ricorda il malinconico sorriso di Buster Keaton o Charlie Chaplin. Molte scene esilaranti sono collegate al confronto di Marcello con i suoi clienti, i cani, di tutte le taglie e di tutte le personalità, dal più docile al più scontroso. “Lavorare con i cani è fantastico perché non sai mai quello che fanno. Credo che un attore debba essere felice di lavorare con loro per quella dose di imprevedibilità che gli permette di rimanere vivo sulla scena” ha detto Garrone durante la conferenza stampa del film a Cannes. 

“Il tema della paura è centrale in questa storia. Insieme al desiderio di mimetizzarsi. Io spero solo che il film metta in moto pensieri ed emozioni in un pubblico che viene da tutte le parti del mondo” ha aggiunto il regista che, dopo Il Racconto dei Racconti, torna a stregare pubblico e critica con un film da non perdere, emozionante, commovente e capace di esplorare l’eterno conflitto tra bene e male che esiste anche nelle più piccole cose.

Voto: 8