E(mpatia)=m(istificazione)c(inema)²: cinema e scienza possono davvero coesistere? O è solo fantascienza?

Interstellar, Lucy, The Martian, 2012: ma quanta della "scienza" che vediamo al cinema è davvero tale? La fantascienza però ha già infettato Hollywood...

Il 20 marzo del 1916 venne pubblicata la Teoria della relatività di Albert Einstein. Un'equazione che avrebbe cambiato la fisica moderna. E che in qualche modo è entrata a far parte delle conoscenze di tutti. Chi non ha mai letto la famosa formula E=mc²? Equazioni, fisica e matematica hanno contaminato anche il cinema. E non sono pochi i film che si basano su teorie (pseudo) scientifiche. Sei sicuro, però, di aver individuato il punto in cui non si tratta più davvero di scienza, ma solo di fantascienza?

Film di scienza o film di fantascienza? A guardare certe pellicole il dubbio si insinua davvero. Non ti sei mi chiesto se una particolare teoria, alla base di quel famoso film che hai visto al cinema, abbia davvero qualche fondamento scientifico, oppure se sia soltanto il frutto della fervida fantasia di qualche bravo sceneggiatore e/o di un regista visionario? Del resto il confine tra fantascienza e scienza è netto, ma non tanto da far dimenticare che la prima è figlia della seconda. Anche in letteratura, dove il genere fantascientifico è nato: si è sviluppato agi inizi nel Novecento, e ha le sue radici nel romanzo scientifico. Dalla letteratura, la fantascienza ha poi avvinghiato i suoi tentacoli sugli altri media: anzitutto il cinema, quindi i fumetti, la televisione e i video games.

Come è possibile, quindi, confondere la scienza con la fantascienza? Quest'ultimo genere ha come tema fondamentale l'impatto di una scoperta o del progresso tecnologico/conoscitivo – reale o immaginaria – sulla società e sull'individuo. La differenza tra un film di scienza e un film di fantascienza sta tutta in quella dicotomia essenziale: bisogna sempre chiedersi se si tratta di qualcosa di reale o di qualcosa di immaginario.

Film di fantascienza o film di scienza: ma che cosa importa? È solo fiction... O forse no?

È possibile che un film abbia pretese di divulgazione scientifica? Un film ha qualche responsabilità nella diffusione, giusta o errata, di alcune teorie scientifiche? Il dibattito è sempre stato piuttosto aperto è ha ripreso ad ardere solo qualche anno fa, in concomitanza con l'uscita nelle sale cinematografiche di tutto il mondo del film Interstellar. Buchi neri, ponti di Einstein-Rosen, Teoria della Relatività, quantistica: tutto era chiamato in causa e tra il pubblico i commenti erano spesso di tenere diametralmente opposto. Commenti, si badi, non sul valore del film, ma sulla quantità di dati, numeri e calcoli che infarciva molte sequenze. E se in buona parte molti lamentavano del fatto che non dovrebbe essere necessario avere una laurea in fisica per comprendere buona parte dei dialoghi, chi invece una laurea in fisica (e affini) l'ha davvero si è detto indignato per l'enormità di imprecisioni e di errori della pellicola. Più che un film tratto da una storia vera, un film tratto da un manuale di scienze redatto da un professore evidentemente brillo.

La trama di Interstellar non brilla certo per originalità estrema. In un futuro non precisato, ma nemmeno così lontano, il destino dell'umanità è segnato a causa di un “flagello” ci si nutre di azoto e consuma ossigeno. Le carestie decimeranno la popolazione mondiale nel giro di poche generazione: serve una nuova Terra. A Cooper (Matthew McConaughey), ingegnere ed ex-pilota della NASA, il compito di esplorare lo spazio e saltare in qualche buco nero con la speranza di trovare un nuovo pianeta abitabile. E da qui, secondo gli esperti (io il libro di fisica l'ho definitivamente abbandonato in quinta superiore), le imprecisioni e gli errori di tipo scientifico abbondano. I tre pianeti del sistema visitato da Copper sono abitabili, con luce e riscaldati, ma orbitano nelle vicinanze di un buco nero e non hanno alcuna stella che fornisca i succitati calore e luce. Come è possibile? I problemi sono molti altri e l'elenco è lungo e per leggerlo fino in fondo ti consigliamo di leggere la recensione del film che apparve sul Post, dal titolo I problemi di Interstellar.

Torniamo al punto fondamentale: Interstellar è un film di fantascienza o è qualcosa di più? Si tratta di un film che forse più di ogni altro ha tentato di coniugare divulgazione scientifica e intrattenimento. Finendo con il sacrificare qualcosa della prima in nome del secondo. Ma l'errore più grande sta nell'occhio di chi guarda il film. Di chi, cioè, spera di trovare una perfetta summa scientifica condita al più con qualche effetto visivo; e di chi, al contrario, guarda il film e ne abbraccia le teorie come se fossero verità rivelate. Il cinema è intrattenimento, è una narrazione di un messaggio umano per gli umani. Non per tutta la comunità scientifica.

Da film a leggenda metropolitana: le storie a cui a tutti piacerebbe credere

Il panneggio scientifico di Interstellar è discutibile e fragile sotto molti punti di vista, ma i veri problemi emergono quando si crea un film su una leggenda metropolitana. E questa viene ammirata come qualcosa di scientificamente attendibile della maggior parte del pubblico. Facciamo un semplice test. Almeno una volta nella vita avrai sentito dire che l'uomo usa soltanto il 10 per cento del suo cervello. Ebbene, non è vero. Nel modo più assoluto e conclamato: il cervello che usiamo (anche se a volte non sembra) lo usiamo proprio tutto. Eppure il regista francese Luc Besson su quella famosa percentuale ci ha costruito un intero film. Dal discreto successo.

Il film in questione è Lucy è ha fatto il suo debutto anch'esso nel 2014. La protagonista è Lucy Miller (Scarlett Johansson), ragazza di venticinque anni che studia a Taipei, con una forte passione per i rave party e molti dubbi su quale sia il proprio futuro. Un giorno il suo ragazzo, Richard, la obbliga a consegnare una valigetta in sua vece: al momento della consegna il ragazzo viene ucciso e Lucy viene rapita da un gruppo di criminali coreani; il loro capo è lo spietato boss coreano Mr. Jang. Obbligata a lavorare come corriere della droga, le viene inserita chirurgicamente nell'addome una sacca contenente una nuova sostanza, il CPH4 sintetico, un enzima prodotto dalle madri in gravidanza per mettere in moto lo sviluppo del feto.

Dopo il pestaggio da parte di uno dei gangster che vorrebbe stuprarla, il pacchetto che trasporta si lacera e il contenuto si riversa all'interno del suo corpo. La sostanza viene assorbita dal suo organismo e Lucy acquista straordinarie capacità fisiche e mentali (percezioni extrasensoriali, insensibilità al dolore, memoria fotografica, apprendimento accelerato, telepatia e telecinesi). Dal 10 per cento del suo cervello, la ragazza imparerà a controllare il 100 per cento delle sue capacità celebrali, trascendendo lo spazio, il tempo e qualsiasi altra legge della fisica. A dare più dignità alla leggenda popolare anche il sedicente professore universitario Samuel Norman (Morgan Freeman), che avalla, dall'alto della sua cattedra, l'allampanata teoria sul nostro cervello.

Al di là della discutibile soluzione della fine del film – in cui Lucy, raggiunte vette inarrivabili per ogni uomo e vicina allo status di divinità, consegna la risposta al senso della vita dentro una chiavetta USB a un professore universitario – non è solo la comunità scientifica a concordare con le parole di Massimiliano Parente, pubblicate su il Giornale.it:

In ogni caso il film una valenza scientifica ce l'ha: dimostra che a usare solo il 10% del cervello è Luc Besson.

Se non riesci a raccontare la scienza, prova a raccontare gli scienziati

Divulgare vere nozioni scientifiche, senza nulla togliere alla struttura della narrazione o al pathos dei personaggi, resta una strada ancora oggi difficilmente percorribile dal mezzo cinematografico. Un film è il racconto di una storia, è impossibile denaturarlo troppo senza comprometterne l'essenza. Per questo motivo, forse, un terreno più fertile per i lavori di registi e scenggiatori è rappresentato dalle biografie e della vite di coloro che alla scienza hanno davvero contribuito in maniera attiva.

Le pellicole che sono state dedicate alle menti scientifiche più illustri di questo secolo e dei passati abbondano. E riescono, seppur non in modo totalmente impermeabile dalle critiche, a incantare il pubblico senza scostarsi dalla base di verità e di vita vissuta che ne costituisce la trama.

Uno degli esempi più recenti di film biografici dedicati a uno scienziato è La teoria del tutto (The Theory of Everything). La pellicola, del 2014 e diretta da James Marsh, vede come protagonista Eddie Redmayne, che racconta gioventù, malattia e forza di Stephen Hawking, il celebre fisico, astrofisico e cosmologo (sì, esatto, quello che ogni tanto viene preso in giro anche nei Simpson). Per la sua interpretazione Redmayne si è aggiudicato il Premio Oscar al miglior attore.

Certo, all'interno del film la scienza abbonda. Le terorie di Hawking, la sua prima tesi, le sue formulazioni, le sue indagini sono state riportate e rappresentate nei particolari. Tuttavia, non è in questi elementi che si intravede la forza del film: il fascino del lungometraggio sta nella bella esibizione della vitalità viscerale dello scienziato in netto contrasto con il suo deterioramento fisico. Non sono tanto le teorie dello scienziato a rimanere impresse nella memoria, quanto la sua dimensione umana, fragile e forte nello stesso tempo.

Che coincidenza! Nello stesso anno in cui esce al cinema La taoria del tutto debutta anche un altro grande film – e apprezzato come il precedente – che ha per protagonista un uomo di scienza. Si tratta, se ti ricordi, di The Imitation Game; il regista in questo caso è Morten Tyldum e l'attore protagonista Benedict Cumberbatch, nei panni del matematico e crittoanalista Alan Turing.

La pellicola è ambientata durante il corso della seconda guerra mondiale, nel momento in cui il succitato matematico sceglie di mettere le proprie abilità al servizio del governo della Gran Bretagna. L'uomo viene coinvolto in una operazione top secret che prevede la decriptazione dei codici segreti nazisti, codificati con la famosa macchina Enigma

Ma il film è altro. Sappiamo tutti come è finita la seconda guerra mondiale (e chi non si è addormentato alle lezioni di storia delle superiori sa anche come è finita con la macchina enigma); sappiamo tutti, con grande scientificità, quale sarà l'esito della missione di Turing. La pellicola si risolve nelle drammatiche scene finali, che pongono davanti agli occhi degli spettori l'uomo, la sua omosessualità, il suo strazio. Non tutto si risolve come una semplice equazione.

Forse che il cinema – per sue qualità intrinsiche, per la sua stessa natura – sia definitivamente più incline a raccontare storie e non numeri? In merito la scienza ancora non si è espressa.

Fonte foto di copertina: YouTube