Il cinema di Jonathan Demme, qualcosa di travolgente

Gli esordi con Roger Corman. Gli Oscar per Il silenzio degli innocenti e Philadelphia. Il film-concerto di culto Stop Making Sense. Ritratto del regista scomparso a 73 anni

Una perdita immensa, la scomparsa di Jonathan Demme (22 febbraio 1944-26 aprile 2017). Cineasta, sceneggiatore, produttore (nel 1987 fonda la casa di produzione Clinica Estetico, marchio dei suoi film); cinefilo e grande appassionato e conoscitore di musica, anche qui - come nel suo cinema sublime nel disintegrare lo iato fra opera popolare e d'autore - trasversalmente, da Neil Young (che ritrae in tre lavori, Neil Young: Heart of Gold, 2006, Neil Young Trunk Show, 2009, e Neil Young Journeys, 2011) a Justin Timberlake (filmato nel 2015 a Las Vegas in Justin Timberlake + the Tennessee Kids), dai Talking Heads (nel cult e innovativo Stop Making Sense, 1984) a The Pretenders (il video I Got You Baby contenuto nella compilation The Pretenders: Greatest Hits), da Bruce Springsteen (tre videoclip, tra cui Streets of Philadelphia) a Enzo Avitabile (nel documentario Enzo Avitabile Music Life, 2012); autore con i sensi aperti sul mondo, la poltica, le lotte per i diritti civili, negli Stati Uniti di ieri al tempo dello schiavismo (Beloved, 1998, dal romanzo Amatissima di Toni Morrison) e di oggi e in quella terra maledetta e imprescindibile che è Haiti, filmando e ascoltando l'ex presidente americano Jimmy Carter (Jimmy Carter Man from Plains, 2007), il cugino sacerdote nel quartiere di Harlem (Mio cugino, il reverendo Bobby, 1992), il giornalista radiofonico e attivista dei diritti umani haitiano Jean Dominique, assassinato nel 2000 (The Agronomist, 2003).

Cinema come gesto d'arte e politico, quello di Demme. Dagli esordi nella factory di Roger Corman, fucina di talenti, negli anni Settanta (l'opera prima di Demme è del 1974, il prison movie Femmine in gabbia) ai film che lo hanno reso noto al grande pubblico tra la metà degli anni Ottanta (Qualcosa di travolgente, 1986; Una vedova allegra... ma non troppo, 1988) e gli anni Novanta (Il silenzio degli innocenti, 1991; Philadelphia, 1993) fino a quelli più recenti ancora e sempre travolgenti per passione e competenza, lucidità filmica (The Truth About Charlie, 2002, remake di Sciarada di Stanley Donen; The Manchurian Candidate, 2004, altro remake, di Va' e uccidi di John Frankenheimer; Rachel sta per sposarsi, 2008, e Dove eravamo rimasti, 2015, scatenata e romantica commedia rock, e ultimo lungometraggio di Demme). Film di finzione e documentari (ma per Demme si trattava di un paradosso, affermava che nel fare un film di finzione si fa qualsiasi cosa per avvicinarlo alla realtà e che nel girare un documentario ci si auspica che lo spettatore possa immedesimarsi in esso allo stesso modo di un film narrativo), film-concerto, videoclip, qualche episodio per serie televisive. Uno sconfinato amore per il cinema, i personaggi, la macchina da presa da usare come strumento da muovere per orchestrare scene, movimenti degli attori (da modellare e trasformare con risultati stra-ordinari), danzare negli ambienti (gli interni così come un palco musicale e gli esterni sconfinati) creando coreografie tanto complesse quanto naturali allo sguardo.

Cinema, in tal senso, classico per riferimenti e intimamente personale - in sintonia per sensibilità di sguardo, di cinefilia profonda, con quello altrettanto morbidamente di-segnato da un altro maestro del cinema americano della seconda metà del Novecento, Peter Bogdanovich.