L’attrice inglese, tifosa del West Ham, è diventata celebre con la trilogia dei Pirati dei Caraibi. In Collateral Beauty, in prima visione al cinema, interpreta l’Amore
Abbiamo iniziato a innamorarci della sua bellezza e del suo talento, cresciuto film dopo film, nella deliziosa commedia che intreccia rapporti multietnici e sport, nello specifico il calcio, Sognando Beckham. Nel 2002, anno di quel film diretto dalla regista Gurinder Chadha, Keira Knightley aveva 17 anni e una filmografia già densa, avendo frequentato i set fin da bambina in serie televisive e al cinema (figura anche in Star Wars: Episodio I - La minaccia fantasma di George Lucas del 1999). Attualmente la star inglese (nata il 26 marzo 1985) è nelle sale italiane con Collateral Beauty, il curioso lungometraggio di David Frankel (autore del magnifico Il diavolo veste Prada) dove è Amy, attrice di teatro coinvolta, insieme a un attore e a un’altra attrice, nell’impresa di far ritornare alla vita Howard, distrutto dalla morte della figlia di sei anni. Così, Knightley non è soltanto Amy, ma impersona anche l’Amore, dandogli corpo. “Lei ha molto a cuore il dolore di Howard - spiega Knightley - perché è parte dell’amore, e gli parla in termini emotivi che lui riesce a comprendere. Ma lei vuole anche fargli capire che l’amore non è tutto rose e fiori; è anche il dolore terribile che si prova quando qualcuno che amiamo ci viene strappato via, e questo non diminuisce o termina in alcun modo. Era un’idea veramente intrigante e, poi, come si fa a dire no alla personificazione dell’amore?”.
Tra i suoi primi film e Collateral Beauty, Keira Knightley (tifosa della squadra di calcio del West Ham United) ha portato sullo schermo un’infinità di personaggi, grazie ai quali, anche quando si trattava di lavori non proprio esaltanti, abbiamo continuato a innamorarci della sua bellezza e della bravura. Se la trilogia dei Pirati dei Caraibi e alcuni ruoli in film in costume (Orgoglio e pregiudizio, Espiazione, La duchessa, Anna Karenina) l’hanno lanciata nello star system, altri titoli definiscono ancor meglio la sua versatilità, la sua leggerezza e intensità nel rendere personaggi che vivono al giorno d’oggi tutte le sfumature dei sentimenti - senza dimenticare la sua performance in A Dangerous Method di David Cronenberg, che è sì ambientato in un periodo storico definito, ma che diventa nelle mani di un maestro dell’inquietudine un testo sfuggente al tempo e allo spazio, dove Knightley è Sabina Spielrein, sublime nell’esprimere il tormento di una malata psichica curata da Carl Gustav Jung, con il quale ebbe una relazione, e poi trasferitasi a Vienna dove incontrò Sigmund Freud e divenne membro della Società Psicoanalitica.
Eccola, Keira Knightley, corpo erotico abbagliante nei panni della cacciatrice di taglie Domino Harvey nel convulso film di Tony Scott Domino (2005); luminosa e romantica in Last Night (2010), sorprendente opera prima di Massy Tadjedin, girata a New York, sui sentimenti e sul caso che muove le vite, sul desiderio, la gelosia e tutti gli slittamenti della fedeltà in una relazione di coppia, e in Tutto può cambiare (2013), gioiello firmato dal regista irlandese John Carney, viaggio intimo alla scoperta di una città, ancora la Grande Mela, e di personaggi che la attraversano con l’intensità di una prima volta anche con l’espediente di registrare un disco, con Knightley che nel ruolo di Gretta disegna sul suo viso le espressioni della gioia e della sofferenza, anche interpretando alcune canzoni, ricordando la Joanna di Last Night; tenera e amante dei dischi in vinile in un’altra perla trattata male dalla distribuzione italiana, Cercasi amore per la fine del mondo (2012), film d’esordio di Lorene Scarafia. Perché Keira Knightley può partecipare tanto a film di cineasti affermati e a produzioni imponenti quanto ad avventure filmiche più indipendenti firmate da registi ai primi passi nel cinema. Ama cambiare e osa rischiare. Sempre, con quella bellezza e quel talento che non ci fa smettere di innamorarci di lei.