Se il cinema racconta con la fantascienza il futuro imperfetto del mondo...

Nella retrospettiva del festival di Berlino film rari e grandi successi. C'è anche il cult d'animazione giapponese Ghost in the Shell di Mamoru Oshii

Ci sono film rari e opere di grande notorietà nella retrospettiva che la sessantasettesima edizione del festival di Berlino dedica alla fantascienza. Una retrospettiva intitolata "Future Imperfect. Science - Fiction - Film". Ovvero come la settima arte ha immaginato, dal cinema muto a oggi, la mutazione del mondo in un futuro imperfetto, l'avvento di una serie di società distopiche servito a cineasti di varia provenienza e formazione per liberare la propria fantasia, o traendo spunto da testi della letteratura, e inventare scenari di una Terra apocalittica, invasa da creature aliene, soggetta a incubi orwelliani, a viaggi nello spazio incontro all'ignoto. Il programma consta di 27 titoli. Tra questi, uno dei film giapponesi di culto degli anni Novanta, Kokaku Kidotai, meglio noto con il titolo internazionale Ghost in the Shell.

Era il 1995 quando Mamoru Oshii, con alle spalle già quasi vent'anni di lavoro tra televisione e cinema, diresse una delle pietre miliari del cinema d'animazione nippinico, traducendo in immagini in movimento quelle del manga di Masamune Shirow Squadra speciale Ghost. Nasceva Ghost in the Shell, un fantasma, uno spirito racchiuso in un guscio. L'universo cyborg-manga in contatto con un'idea (quasi) classica di cinema. Uno sguardo che, attraverso l'animazione, si riappropria di elementi fortemente cinematografici, a partire dall'utilizzo dello spazio. Ghost in the Shell (che avrà un sequel nel 2004 con Ghost in the Shell 2 - L'attacco dei cyborg, sempre diretto da Mamoru Oshii) è un'esperienza per gli occhi, un esemplare viaggio nell'arredo di un futuro prossimo, ormai molto vicino, essendo il film ambientato nel 2029 (e il sequel nel 2032), nello spazio di una metropoli da sezionare e filmare nella sua stratificata totalità di piani; un viaggio debitore di un ampio immaginario, non solo visivo, mai posto come citazione inopportuna, piuttosto digerito per essere riaffermato in un nuovo entusiasmante percorso creativo. In un mondo dominato da autostrade informatiche, dove si convive con l'intelligenza artificiale cercando di districarsi in un mare di impulsi digitali, e dove è rimasto solo lo spirito a riconoscere le vere vite dalle creature imprigionate nella rete, l'abilità di Mamoru Oshii sta nel rendere fluido e sensuale questo universo inscritto nella tecnologia.

Oltre che per la presenza nella retrospettiva della Berlinale, Ghost in the Shell fa di nuovo parlare di sé per via dell'imminente uscita del film (dal 30 marzo 2017 nelle sale) che porta lo stesso titolo e che fa varcare al manga di Masasume Shirow un'ulteriore frontiera. Dopo il passaggio dal fumetto all'animazione, ecco quello dall'animazione al cinema con attori. Secondo lungometraggio del regista di Biancaneve e il cacciatore, il londinese Rupert Sanders. Star, Scarlett Johansson, che con personaggi mutanti ha un rapporto ravvicinato, si pensi a Lucy di Luc Besson e, soprattutto, a Under the Skin di Jonathan Glazer.