Al festival Sguardi altrove un sorprendente e inedito film cinese

Il primo lungometraggio della regista e produttrice Vivian Qu Trap Street fa parte della sezione La Cina fra ieri e oggi

Torna in visione (in un festival italiano, non nelle sale perché nessun distributore ha avuto la lungimiranza di acquistarlo) a Sguardi altrove di Milano (12-19 marzo 2017) uno dei più folgoranti film cinesi degli ultimi anni, Trap Street. L'opera prima della regista e produttrice Vivian Qu (che aveva avuto l'anteprima mondiale alla Settimana della critica della Mostra di Venezia 2013) fa parte della finestra "La Cina fra ieri e oggi" (curata da Nicola Falcinella).

Ambientato in una città nel Sud della Cina, Trap Street descrive una società dove tutti osservano tutti e, specularmente, tutti sono osservati da tutti. L'osservazione, visibile e nascosta, praticata su più livelli e con funzioni differenti, percorre il film dalla prima all'ultima scena, è declinata al singolare e al plurale, al privato e al pubblico, tocca l'intimità dei personaggi e le dinamiche del potere e delle sue forme di controllo esercitate ricorrendo alle tecnologie più sofisticate. Tale sistema è analizzato narrando la storia di due personaggi. Il giovane Li Qiuming soprintende, per conto di una compagnia di sistemi satellitari, al regolare svolgimento della mappatura dei quartieri e, come secondo lavoro, piazza illegalmente videocamere di sorveglianza; in una notte di pioggia dà un passaggio a Guan Lifen, giovane donna che Qiuming cerca di rivedere raggiungendo il posto dove gli ha detto di lavorare. Ma è una strada fantasma, non presente sulle mappe. E varcare certe soglie può rivelarsi molto pericoloso.

Con sguardo raffinato e una messa in scena consapevole, Vivian Qu realizza un lavoro di notevole tensione filmica e sociale, disegna, con un punto di vista originale, dove una storia d'amore lambisce il thriller e lo spionaggio, un ritratto della Cina d'oggi e, più estesamente, di un mondo pervaso dall'ossessione del controllo. La regista intrappola i personaggi in una tessitura kafkiana inestricabile, negando loro la possibilità di reinserimento nella strada di una ritrovata quotidianità non segnata da dinamiche oscure. Si assiste non a una tranquilla relazione sentimentale, bensì a un viaggio nell'incubo, nei meandri della burocrazia e di un potere statale in grado di devastare, sulla base di un minimo sospetto, l'esistenza di qualsiasi essere umano.