Il filo nascosto, la torbida storia d'amore e potere di Paul Thomas Anderson

Il filo nascosto di Paul Thomas Anderson è la conferma del valore del regista di Magnolia e de Il petroliere: la recensione

Il filo nascosto è il nono film di Paul Thomas Anderson, uno degli autori statunitensi (e non solo) contemporanei più apprezzati e celebrati, già autore di film come Magnolia (1998), Il petroliere (2007) e Vizio di forma (2014). Un autore estremamente coerente con la propria poetica e allo stesso tempo capace di variare e affrontare tipi di cinema diversi, pur rimanenendo fedele alle coordinate principali della sua opera. Il filo nascosto, il cui titolo originale è Phantom thread, non fa eccezione, così come non sfigura nel panorama dei risultati d'alto livello raggiunti da Anderson nel corso della sua carriera. Sintetizzando, possiamo dire che è l'ennesima conferma del fatto che PTA sia uno dei non numerosissimi registi fondamentali nati e cresciuti in questo primo spicchio di secolo. Protagonista è Daniel Day Lewis, già protagonista de Il petroliere, affiancato da Vicky Krieps, Lesley Manville, Camilla Rutherfood, Richard Graham e Jane Perry.

Il filo nascosto ha ricevuto sei nomination agli Oscar 2018, tra cui quelle per il miglior film, la miglior regia e per il miglior attore protagonista; a queste si aggiungono le candidature per la miglior attrice non protagonista (Lesley Manville), per i migliori costumi (Mark Bridges) e per la miglior colonna sonora (Jonny Greenwood).

Il filo nascosto, la trama

Il filo nascosto, per dirla banalmente, è una storia d'amore malato e torbido, basato sui giochi di potere e sulle volontà di assoggettare il partner e di voler farsi assoggettare. Nella Londra degli anni cinquanta, Daniel Day Lewis interpreta Reynolds Woodcock, un rinomato stilista dal grande estro creativo e dalla vita estremamente metodica. Il suo rapporto con l'altro sesso è strano e problematico. Da un lato nella sua concezione l'amore deve rimanere subalterno al suo lavoro e all'atto della creazione artistica, dall'altro è vittima di un'abbastanza evidente complesso edipico richiamato dai "fantasmi" del passato, anche in questo caso simboleggiati da elementi del suo lavoro. Le donne per lui sono uno strumento per la sua ispirazione e per la sua creatività, nonché un modo per allenare il suo carisma e il suo potere.

Questo fino a quando non incontra e non conquista la cameriera Alma (Vicky Krieps): Alma si rivelerà ben presto una donna coriacea e tutt'altro che disposta a farsi assoggettare. La forza e l'orgoglio della donna metteranno in crisi l'esistenza del sarto, la sua idea di sé e del mondo, ribaltando completamente la situazione e gli equilibri.

Il filo nascosto, la regia: note di stile

Il filo nascosto è un film che può offrire più di una chiave di lettura, pur apparendo nell'immediato quasi come un film semplice, caratterizzato da una raffinatezza sotto certi aspetti "vecchio stile" e da una trama apparentemente lineare. Partiamo infatti dall'elemento che immediatamente balza all'occhio: la straordinaria bellezza formale e il grande senso estetico che contraddistinguono praticamente ogni inquadratura, comprese quelle più di raccordo. Di certo non una novità per chi ha realizzato questa sequenza de Il Petroliere e per chi ha diretto The master, cioè il suo film che più ha diviso e che spesso ha avuto come critica quella di essere solo una serie di sequenze bellissime un po' scollegate.

Quella de Il filo nascosto non è però una bellezza estetica calligrafica e fine a se stessa: il film non fa parte di quel gruppo di opere dalla bella fotografia e dalle belle inquadrature. Questa ricerca estetica da un lato produce senso e dall'altro fa sì che nasca uno degli elementi di maggior fascino dell'opera: quello cioè di essere da un lato respingente per come immerge nel torbido dei sentimenti e dei giochi di potere raccontati e per come fa entrare in contatto con il malsano interiore e con gli aspetti più negativi dell'amore, creando però contemporaneamente un fascino quasi ipnotico che impedisce di staccare gli occhi dallo schermo obbligando ad essere in qualche modo partecipi al gioco al massacro interiore attuato dai due protagonisti. Un'opera allo stesso tempo ipnotica e respingente, affascinante e fastidiosa, proprio come certi rapporti amorosi.

Un film quindi dal fascino torbido, dove la regia di Paul Thomas Anderson si esalta, per esempio nella grande attenzione ai dettagli più significativi sia visivi che sonori o nei soavi e magniloquenti movimenti di macchina. E tutto questo produce senso, tanto da poter dire che Il filo nascosto è un film al 90% di regia, pur nella maniera più naturale e meno invadente possibile (per intenderci, non è The Neon Demon).

Paul Thomas Anderson, i temi

In questo modo Paul Thomas Anderson mette in scena un altro personaggio gigantesco "che va oltre" gli schemi e i comportamenti più consueti anche nelle sue ossessioni e nelle sue devastazioni interiori. Un personaggio che in qualche modo esercita o cerca di esercitare il potere, altra tematica ricorrente nella poetica del nostro, per quanto in questo caso in un ambito intimo e personale. Un potere che viene messo in crisi – altro ritorno di un tema tipico - dallo scontro con un'altra personalità o così debole da destabilizzare o altrettanto forte. Uno schema molto simile sotto certi aspetti a quello che era il rapporto triangolare di forze e debolezze ne il petroliere (protagonista/figlio/predicatore) o in The master (capo setta/sua moglie/ reduce adepto), e che qui trova il terzo angolo nella figura della sorella, sorta di invadente angelo custode del protagonista e nelle figure che riemergono dal passato. Superfluo sottilineare che la grandezza dei personaggi trova un'immediata grancassa di risonanza nella grandezza stilistica.

Il filo nascosto e Chiamami col tuo nome, due profonde storie d'amore

Il filo nascosto, infine, è un'immersione negli aspetti più cupi e devastanti dell'amore. Si sa che l'amore è anche un po' un'ossessione lancinante e un continuo gioco di rinunce e di imposizioni, in cui continuamente talvolta si cede la posizione e talvolta si attacca cercando di annientare aspetti del partner. Il film di PTA è anche un ritratto profondo e quasi "puro" di tutto questo, cosa che lo imparenta ad uno dei suoi rivali alla notte degli Oscar 2018:  Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino. Due film molto diversi con più di un punto in comune, come se rappresentassero due lati diversi della stessa luna. Sia Guadagnino che Anderson raccontano con intensità e profondità il sentimento amoroso nella sua essenza più pura, immergendo lo spettatore; gli aspetti più gioiosi e vitali il primo, quelli più cupi e funerei il secondo ed entrambi lo fanno portando al massimo le capacità del cinema e della regia di essere linguaggio e di creare senso.

Estremamente significativa e straordinaria la colonna sonora di Jenny Greenwood.

Voto 8,5

Frase

Si può cucire quasi ogni cosa della stoffa del soprabito.

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