Mektoub, My love – Canto 1: la recensione del nuovo film di Abdellatif Kechiche

Conturbante e avvolgente: il nuovo film di Abdellatif Kechiche è il racconto di un'estate, un racconto di crescita e una finestra per osservare la vita. Mektoub, My love è il primo capitolo di una trilogia sul tema del destino del regista Abdellatif Kechiche

Non vi fate intimidire dalla durata di questo film (175 minuti) e nemmeno dalla prima scena di Mektoub, My love perchè il settimo film di Abdellatif Kechiche è molto di più di una scena di sesso. Il ritorno del regista franco-algerino nei cinema con la sua ultima fatica, preambolo di quella da lui dichiarata come una trilogia, è ad alto tasso erotico, anche se l'erotismo non detona mai realmente. Mektoub, My love – Canto uno è stato presentato nel concorso del Festival del cinema di Venezia del 2017 e vuole essere prima di tutto una celebrazione della vita, della bellezza di essa espressa attraverso gli occhi del giovane protagonista Amin, un osservatore della quotidianità che si fa davanti ai suoi occhi.

Mektoub, my love – Canto 1: la trama

Amin (Shain Boumedine) decide di lasciare la facoltà di medicina che frequenta a Parigi per seguire la sua passione: il cinema. Dovrà decidere del suo destino, ma nel mezzo c'è l'estate. Da Parigi ritorna nella sua città natale, Sète, una comunità di pescatori del sud della Francia. Un'occasione per ritrovare la famiglia e gli amici d’infanzia con cui trascorrere un po' di tempo. Accompagnato da suo cugino Tony e dalla sua migliore amica Ophelie, Amin passa il suo tempo tra il ristorante di specialità tunisine dei suoi genitori, e i bar del quartiere e la spiaggia frequentata dalle ragazze in vacanza. Incantato dalle numerose figure femminili che lo circondano, Amin resta soggiogato da queste sirene estive, all’opposto del suo cugino dionisiaco che si getta nell’euforia dei corpi. Munito della sua macchina fotografica e guidato dalla luce eclatante della costa Mediterranea, Amin porta avanti la sua ricerca filosofica lanciandosi nella scrittura delle sue sceneggiature. Ma quando arriva il tempo dell’amore, solo il destino, solo il mektoub può decidere.

Abdellatif Kechiche: Mektoub, my love è un film libero

Non ci sono schemi, non ci sono imposizioni di durata. Come suggerisce il regista la visione di questo film è come partecipare ad una cerimonia. Mektoub, my love è infatti una vera e propria esperienza visiva, a volte anche sensoriale, perchè Kechiche con il suo modo di dirigere il cast e di girare le immagini riesce non solo a raccontare storie ma far accedere gli spettatori stessi all'interno esse. Al centro del film ci sono le avventure estive di un gruppo di ragazzi, tutti splendenti nella loro giovane età e tutti alle prese con la gioia (e le ansie) di vivere che un'estate a 20 anni può donare. Il film è ispirato al romanzo La Blessure, la vraie (La ferita, quella vera edito da Einaudi e uscito in questi giorni in libreria) di Francois Bégaudeau, il cosceneggiatore e interprete per Entre Le Murs di Laurent Cantet.

Se nei suoi lavori precedenti da Cous Cous a Venus noir aleggiava una denuncia sociale, collegata alla mancata integrazione fra i popoli che vivono in Francia, in Mektoub, my love ciò non si avverte. Si avverte però l'impronta culturale delle origini di Kechiche: dal cibo (non a caso i genitori di Amin hanno un ristorante) allo stare insieme condividendo tutto. Kechiche riprende sicuramente il tema dell'esplorazione della sessualità come nel suo precedente film, La vita di Adele, ma a differenza di questo si tiene a distanza. Nella storia d'amore fra le due ragazze protagonista de La vita di Adele, Kechiche entra dentro, lasciandosi trascinare da questo amore che esplode per tutta la durata del film. In Mektoub, my love – Canto uno il regista si tiene a distanza, osserva questa esplosione di pulsioni, emozioni, corpi quasi evitando il contatto.

Sembra che Amin non sia interessato a viverla questa vita, almeno non in prima persona, meglio attraverso gli sguardi degli altri. Il protagonista non a caso è un fotografo, un aspirante regista, che si limita a guardare ed imprimere nella memoria visiva quelle stesse sensazioni che gli altri vivono e che generano in lui. Ed è proprio qui, nel rapporto tra vita, sguardo e immagine, che viene racchiusa la poetica di questo regista, che firma forse uno dei lavori più autobiografici.

Il lato voyeristico di Kechiche è un problema?

"Aspiro a fare in libertà dei film che siano anch’essi liberi, realizzati con pochi mezzi, e con l’intento di raccontare una storia, di partecipare al risveglio dell’anima (anche se il mio spirito non è più sveglio di altri). Sono cosciente che la mia anima è oscurata da questo nuovo secolo". Sembra che questa dichiarazione vada un poco in contrasto con l'insistenza della macchina da presa sui corpi femminili presenti in Mektoub, my love. Ma in fondo nessuno può elevare il proprio spirito senza passare attraverso un corpo. L'erotismo è di certo una costante del film ma non è così invadente: infondo l'erotismo non esplode mai realmente (l'unica scena erotica è solo all'inizio), rimane in tensione ed è forse proprio questo il bello del film che il regista ha finanziato vendendo la sua Palma d'oro ricevuta per La vita di Adele.

Forse per alcuni questa tensione e questa durata sono insostenibili, di certo non si può non dare merito al regista che proprio nell'insistenza riesce a raggiungere un equilibrio tale da sentirsi dentro una scena di vita vissuta, riuscendo così a toccare l'anima degli spettatori, riportandoli indietro nel tempo, all'età in cui si va formando la propria educazione sentimentale, fra esperienze e riflessioni. La sincerità della vita si fa film In Mektoub, My love – Canto uno, tutto scorre con un'infinita naturalezza. E' vero qualche volta (come nell'interminabile scena in discoteca) Kechiche esagera prolungando troppo le sequenze e mettendo a dura prova la pazienza dello spettatore (ammetto di aver guardato un paio di volte l'orologio), ma Mektoub, My love avvolge completamente, compiendo quella meravigliosa adesione tra spettatore e personaggio che si chiama immedesimazione.

Il merito di questo risultato va al regista della pellicola, capace di dirigere un enorme cast (in gran parte formato da ragazzi tutti bellissimi e sconosciuti) in direzione di una naturalezza disarmante. In Mektoub, my love si ritrova una quotidianità così sincera da non riuscire a non sentirsi parte di essa ed arrivare fino in fondo alla visione. Questo film è consigliato a chi non ha paura di abbandonare la dinamicità per 175 minuti e vivere una connessione a volte carnale, a volte spirituale, con quello che accade sullo schermo. In fondo è questo lo scambio che il cinema vuol mettere in pratica, no?

Voto: 7

Fonte foto: www.facebook.com/MektoubMyLove/