Quando le immagini fanno girare la testa. Ritratto di Michele Placido regista

In occasione dell'uscita in dvd di 7 minuti, viaggio alla scoperta di un autore anticonformista nel raccontare l'Italia di oggi e del recente passato

L'uscita in dvd di 7 minuti, film che racconta con nitidezza di stile e narrazione la resistenza di un gruppo di donne operaie (fra le attrici, Fiorella Mannoia, Ambra Angiolini, Cristiana Capotondi, Ottavia Piccolo) per evitare che i loro diritti sul luogo di lavoro siano ancor più limitati, è l'occasione per compiere un viaggio nella filmografia di Michele Placido in veste di regista. Lo conosciamo bene come attore tra i più versatili del cinema italiano, e della televisione e del teatro, nelle sue espressioni popolari e d'autore, sempre nel segno di interpretazioni ben riconoscibili giocate su una recitazione che esprime la fisicità dell'immedesimazione in un ruolo. Nel 1990, appena dopo un film di forte impegno civile come Mery per sempre (1989) di Marco Risi, Placido fa il suo esordio nella regia con Pummarò, affermandosi fin da subito come cineasta dallo sguardo morale nell'affrontare argomenti conflittuali da raccontare con profonda adesione emozionale e semantica, e con l'energia di un cinema che scava nei corpi e nei sentimenti per costruire un personale viaggio nell'Italia del presente e del recente passato.

Nascono così, dopo Pummarò (uno dei primi film italiani a mettere in primo piano il tema dell'immigrazione seguendo le drammatiche vicende di un ragazzo africano che attraversa l'Italia alla ricerca del fratello), Le amiche del cuore (1992), ritratto di tre ragazze della periferia romana (Asia Argento, Carlotta Natoli, Claudia Pandolfi), l'opera meno ricordata quando si parla di Placido regista, eppure una delle sue più grandi, se non il suo capolavoro (finalmente editato in dvd); Un eroe borghese (1995), sul delitto Ambrosoli, con Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Giorgio Ambrosoli; Del perduto amore (1998), storia di una maestra militante comunista (Giovanna Mezzogiorno) nell'Italia del Sud degli anni Cinquanta; Un viaggio chiamato amore (2002), sulla relazione tra la scrittrice Sibilla Aleramo (Laura Morante) e il poeta Dino Campana (Stefano Accorsi); Ovunque sei (2004), film tra la vita e la morte, abitato da fantasmi, l'opera più coraggiosa di Placido.

Poi, la svolta nei territori del noir con la trilogia criminale composta da Romanzo criminale (2005), sulla banda della Magliana e gli anni Settanta romani, Vallanzasca - Gli angeli del male (2010), con Kim Rossi Stuart nel ruolo del bandito Renato Vallanzasca, e Il cecchino (2012), girato in Francia con Daniel Auteuil, Mathieu Kassovitz e Olivier Gourmet. Ma in mezzo a questi film non del tutto convincenti sul piano delle scelte estetiche compiute, si colloca l'altro capolavoro di Michele Placido, Il grande sogno (2009), ovvero il 1968, per un discorso politico a partire dalla soggettività dei corpi desideranti (Jasmine Trinca e Riccardo Scamarcio su tutti). Del 2014 è il breve lungometraggio Prima di andar via, tratto dalla pièce teatrale di Filippo Gili, film ancora a contatto con l'esperienza della morte, presentato al Torino Film Festival e mai distribuito né in sala né in dvd. Segue La scelta (2015), storia di uno stupro e delle conseguenze sulla donna che l'ha subito (Ambra Angiolini) e sulle persone più vicine a lei, purtroppo resa con espedienti filmici non necessari. Un inciampo immediatamente riscattato da 7 minuti (2016).