Mur, cosa sappiamo dell'esordio alla regia di Kasia Smutniak

Debutta in anteprima al Festival di Toronto l'opera prima dell'attrice sul muro che divide il confine tra Polonia e Bielorussia

È "allo stesso tempo un diario intimo e una denuncia" Mur, l'esordio alla regia di Kasia Smutniak. Da tempo si fa un gran parlare di questo film, scritto dalla stessa attrice con Marella Bombini e prodotto dal marito Domenico Procacci con Laura Paolucci per Fandango e Luce Cinecittà. Prima di arrivare nelle sale italiane, il documentario debutterà in anteprima all'edizione 2023 del prestigioso Toronto International Film Festival nella sezione TIFF Docs.

Mur, Kasia Smutniak debutta alla regia con un film politico

"Sono felice e onorata che questo film venga presentato nella selezione ufficiale del Festival di Toronto – ha dichiarato Kasia Smutniak –. Mur è nato dalla necessità di comunicare la difficile situazione al confine tra Polonia e Bielorussia ma alla fine si è rivelato essere un viaggio intimo e inaspettato".

Al centro del documentario c'è proprio il muro anti-migranti che la Polonia ha costruito al confine con la Bielorussia: una barriera alta 5,5 metri e lunga 186 chilometri che mira a bloccare le persone che arrivano da sud-est. Nella visione del governo Morawiecki il muro, oltre che "risolvere" la crisi dei migranti, è un modo per contrastare la politica espansiva della Russia, culminata con l'operazione speciale che ha portato allo scoppio della guerra in Ucraina.

Nata e cresciuta tra Piła (cittadina nel nord-ovest della Polonia) e Łódź dove abitavano i suoi nonni, la Smutniak si è messa in viaggio verso la zona rossa, la striscia di terra che corre lungo il confine bielorusso e dov'è stato costruito il muro che impedisce a chiunque di avvicinarsi all'Europa.

Il muro è il vero protagonista di Mur e simbolo delle contraddizioni della Polonia e dell'Europa intera, che da un lato accolgono i rifugiati ucraini, in particolare donne, bianche e cristiane, e dall'altro respingono i migranti (specie se maschi e musulmani) che arrivano dalla Siria e dalle altre zone del Medio Oriente e dell'Africa subsahariana.

Kasia Smutniak, film da regista tra passato e presente

Nel corso degli ultimi due anni si contano almeno venti persone morte nelle foreste e paludi lungo il confine orientale e circa 4.000 migranti rinchiusi nei campi vicino a Kuźnica. Nella zona rossa l'accesso non è consentito ai media: il governo polacco ha sempre impedito a giornalisti, organizzazioni non governative e attivisti per i diritti umani di documentare la crisi umanitaria.

Dal febbraio del 2022 i confini polacchi sono stati aperti per i profughi ucraini: grazie all'aiuto di attivisti locali e con una leggera attrezzatura tecnica, la Smutniak è finalmente riuscita a raggiungere quel lembo di territorio polacco. L'attrice ha filmato quello che non si vuole raccontare: i pushback violenti delle forze polacche e una barriera di filo spinato costata oltre 350 milioni di euro, dotata di rilevatori di movimento e telecamere termiche.

Ma Mur è anche un viaggio personale per l'attrice e regista. Passata la foresta di Białowieża, il bosco più antico d'Europa, c'è un altro muro: quello del cimitero ebraico del ghetto di Litzmannstadt, il secondo più grande tra i ghetti nazisti istituiti dal Terzo Reich in Polonia dopo quello di Varsavia. Tra passato e presente, il film offre una potente riflessione sul senso dell'accoglienza che "non deve fare distinzioni": "un continente che si definisca democratico non innalza muri" perché "chiunque sia in pericolo va soccorso".