Omicidio al Cairo, la recensione del polar all'ombra delle Piramidi

Omicidio al Cairo di Tarik Saleh traduce i canoni del polar francese nel contesto dell'Egitto sconvolto dalla primavera araba, diventando così un robusto e coinvolgente noir

Presentato nel 2017 al Sundance Film Festival, dove ha riscosso un buon successo, Omicidio al Cairo dell'egiziano Tarik Saleh è una coproduzione tra Germania, Svezia e Danimarca che attraverso il noir di stampo occidentale, che rimanda in particolare al "polar" francese e alle sue storie di corruzione in cui il confine tra bene e male è molto labile, racconta un momento cruciale della storia egiziana; la caduta del governo di Mubarak e l'esplosione della primavera araba nel paese delle piramidi.  Il noir di Saleh vede nel cast Fares Fares come protagonista, affiancato da Mari Malek, Yasser Ali Maher, Slimane Dazi, Ahmed Selim, Mohamed Yousry, Nael Ali e Tareq Abdalla.

Omicidio al Cairo, la trama

Tra gli eleganti corridoi dell'hotel Hilton del Cairo (il titolo originale del film è proprio "The Nile Hilton Incident") una donna delle pulizie d'origine sudanese e immigrata nella capitale egiziana diventa suo malgrado l'unica testimone di un omicidio, con il quale viene uccisa un nota cantante e popstar (Mari Malek).

Le indagini vengono affidate al maggiore Noredin Mustafa (Fares Fares), ufficiale di un dipartimento in cui dominano corruzione, malaffare, clientelismi e cinismo. Inizialmente la versione ufficiale chiude il caso come suicidio, nonostante la giovane e affascinante cantante sia morta a causa della gola tagliata, ma il cinico ufficiale scopre presto che il fatto potrebbe interessare una figura molto importante della politica del paese.

Noredin inizialmente si accontenta di questa lettura dei fatti e si fa "usare" da chi ha imposto la versione ufficiale, ma gradualmente, complici un incontro dalle conseguenze interiori inaspettate e il ribollire di motivazioni e sentimenti personali, vuole fare luce su come sia andata davvero la vicenda, compiendo così un processo catartico che risveglia il suo senso di giustizia.

Nel frattempo nel paese scoppia il caos ed esplode la primavera araba, sull'onda lunga degli eventi simili accaduti nella vicina Tunisia pochi giorni prima. Omicidio al Cairo si chiude proprio con l'imponente manifestazione che è coincisa con la caduta di Mubarak, nel corso della quale avvengono le definitive rese dei conti tra i personaggi. Alla fine i dubbi sulla realtà del paese rimarranno; non si sa le cose miglioreranno con la nuova stagione oppure rimarrano tali, magari solo un po' riverniciate, come dimostra il finale non particolarmente ottimista e ambiguo, sintetizzato da una carrellata verso l'alto che abbandona il particolare del destino del protagonista e abbraccia la piazza in fermento e il panorama di Cairo.

Omicidio al Cairo, i modelli

Omicidio al Cairo trova l'elemento di maggiore fascino, perlomeno agli occhi di uno spettatore occidentale, nell'unione tra la solidità e i canoni del genere di riferimento, di stampo molto occidentale ed europeo, e la realtà storica egiziana, analizzata fin nel profondo. È un noir cupo, torvo e pessimista, in cui le coordinate morali dei personaggi sono continuamente messe in discussione e in cui il senso di giustizia è sfuggente. In scena c'è una realtà marcia fino al midollo dominata da corruzione, ricatti, omertà e violenza.

Con l'eccezione dell'impaurita donna delle pulizie d'origine sudanese - la cui condizione e la cui "percezione" da immigrata è molto simile a quella di chi arriva nel nostro paese (aspetto e riflessione molto interessante ) -, non è possibile trovare un personaggio totalmente e fino in fondo positivo, e il processo di catarsi del protagonista inevitabilmente porta al fallimento; allo stesso modo, i personaggi negativi rimangono ovviamente tali, e lo sguardo nei loro confronti è severo, ma allo stesso tempo vengono raccontati con una certa dose di ambiguità, come prodotti di una realtà che non poteva dare altri frutti.

Tarik Saleh si ispira così ai canoni, in particolare, del polar francese, realizzando un film che, se non fosse per l'inedita – sempre immedesimandosi nel punto di vista di uno spettatore europeo – ambientazione geografica e culturale, non brillerebbe particolarmente per originalità. Omicidio al Cairo è un film solido, teso, emozionante e robusto che rispetta, riadattandoli al contesto geografico, molti canoni del genere e del filone di riferimento. Il polar è infatti quel filone del poliziesco e del noir di origine francese incentrato perlopiù su figure delle forze dell'ordine moralmente ambigue e sul loro percorso catartico, che avviene spesso in un contesto di corruzione e malagiustizia; i polar classici sono, per esempio, molti film di Jean-Pierre Melville, mentre negli ultimi anni meritano una citazione 36 Ouai des Orfèvres (2006) e L'ultima missione (2008), entrambi diretti dal regista ex poliziotto Olivier Marchal, oppure la serie tv Marseille (2008).  In Omicidio al Cairo ritroviamo tutti questi elementi.

Omicidio al Cairo, la regia di Tarik Saleh

Se il film non brilla per originalità e rielabora canoni già ampiamente battuti, funziona comunque per la tensione e il coinvolgimento, dovuti non solo all'interesse, per così dire, sociologico e culturale dato dal contesto egiziano. Tarik Saleh infatti sa girare bene e sa tenere alta la tensione e sottolineare la cupezza e il torvo di fondo; funziona, per esempio, la fotografia all'insegna dei colori un po' spenti, così come è ben dosata la colonna sonora. Ci sono, inoltre, almeno un paio di momenti di ottimo cinema; oltre alla significativa carrellata verso l'alto del finale, è da segnalare la splendida costruzione della sequenza in cui la donna delle pulizie si nasconde dagli sguardi del sicario, che a sua volte si accorge della presenza di un testimone, tutta incentrata sul gioco delle soggettive e delle semi-soggettive dei due personaggi.

Concludendo, Omicidio al Cairo non è un film che brilla per originalità, ma non è neanche un film banale; accade tutto quello che ci si aspetta, ma con un punto di vista inedito, e, ad ogni modo, funziona e coinvolge

Voto 7 1/2

Frase

Ma sei impazzito? Vuoi davvero arrestarmi?

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