Perché in Italia si producono così tanti film ma non arrivano nemmeno al cinema?

L'inchiesta che svela perché soltanto nel 2021 sono stati prodotti 481 film, che puntualmente nessuno è andato a vedere

Perché in Italia si producono tantissimi film che nella maggior parte dei casi non escono nemmeno al cinema, e quando arrivano nelle sale incassano davvero poco? L'argomento è oggetto di un'inchiesta di Fabrizio Accatino su La Stampa e di un'intervista che il giornalista ha fatto a Pupi Avati, sempre per il quotidiano torinese. Nel 2021 in Italia sono stati prodotti ben 481 film. Di questi 481, ne sono usciti in sala appena 153, pari ad appena il 21% degli incassi. Ma come mai succede tutto questo?

Perché in Italia si fanno così tanti film?

La "colpa" è della deregolamentazione normativa in vigore: un sistema di crediti d'imposta, fondi e incentivi che consentono alle produzioni di ripagare la spesa prima ancora di vedere (o meno) il buio della sala. Insomma, il rischio non è dei produttori ma soltanto dello Stato. E intanto gli esercenti sono in piena depressione perché al cinema non ci va più nessuno e gli incassi, salvo pochi blockbuster, sono in picchiata.

Il botteghino italiano ha fatto segnare un -75% di spettatori tra il 2019 e il 2020. Ma c'è stato il Covid. Tuttavia, passata l'emergenza pandemica, l'emorragia di pubblico non è finita: il 2021 ha registrato un ulteriore -12% con 170 milioni di euro totali di incassi. Nel 2020 erano 183 milioni, la media tra il 2010 e il 2019 era di 700 milioni.

Come se non bastasse, i finanziamenti pubblici che favoriscono la produzione non garantiscono la qualità del prodotto. Alberto Barbera lamenta di aver dovuto vedere "una quantità di cose orribili" per la selezione di Venezia 79.

In Italia si producono film quasi ai livelli degli anni Sessanta, più del doppio degli anni scorsi, ed erano già troppi. 

Pupi Avati: Dante un film che "dovrebbe incoraggiarci"

Intervistato in merito su La Stampa, Pupi Avati auspica che il neo-ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, a differenza del suo predecessore Dario Franceschini, trovi forza e voglia di affrontare il problema con una legge cinema. Magari sul modello francese, dove c'è una finestra di uscita tra le sale e le piattaforme (di 15 mesi) che ha salvato gli esercenti.

Il regista romagnolo non ha dubbi: l'impennata di film prodotti negli ultimi anni "è un male". 

È evidente che questo è il risultato del tax credit, che ha incoraggiato enormemente le produzioni. Il passaggio in sala ormai è solo un giustificativo per ottenere il credito, ma già in partenza i veri destinatari dei film sono le piattaforme. E questo non è bello. 

Dante, il biopic di Avati sul poeta uscito lo scorso 29 settembre, ha superato i 200.000 spettatori e incassato 1,5 milioni di euro. Un risultato lusinghiero che dovrebbe far riflettere.

Fino a qualche tempo fa sarebbe stato impensabile ottenere un risultato simile con un film che s'intitola Dante, cioè il personaggio più punitivo di tutta la nostra vita scolastica. Invece le risposte che ricevo sono emozionate, spesso commosse. Lo considero una cartina di tornasole che fa capire come questo Paese sia molto meglio di come ce lo descrivono.