Parte da Torino il tour di anteprime di Ninna nanna prigioniera di Rossella Schillaci, film patrocinato da Amnesty International Italia
"Come può una madre crescere un figlio in un luogo dove la sua libertà e la sua dignità sono sospese? Ma, al contempo, come possono dei bambini così piccoli crescere senza la loro madre? Chi può veramente decidere cos'è meglio per loro?". Sono alcune delle domande che la regista Rossella Schillaci si è posta quando insieme al figlio piccolo partecipò a un corso di massaggio infantile in un asilo nido vicino alla Casa Circondariale Lorusso Cutugno di Torino. "In quella stessa scuola - continua Schillaci - erano 'ospitati' i bambini figli di madri detenute che, per poche ore alla settimana, potevano uscire per giocare con altri bambini". La regista scoprì così che "per legge le madri incarcerate che hanno figli sotto i tre anni di età possano scegliere di tenerli con loro, in cella, in assenza di appositi Istituti a Custodia Attenuata per Madri, o case-famiglia protette, che dovrebbero essere costruiti in ogni regione". Considerazioni e domande che hanno portato la documentarista a realizzare Ninna nanna prigioniera che, dopo l'anteprima mondiale al Biografilm Festival di Bologna 2016, è stato scelto dal Piemonte Movie Glocal Film Festival per l'inaugurazione della sedicesima edizione (8-12 marzo 2017) al cinema Massimo di Torino. In seguito il film, che ha il patrocinio di Amnesty International Italia, sarà proiettato a Roma (15 marzo 2017) e a Milano (18 marzo 2017). Tre tappe in attesa di uscire in sala in primavera.
Scritto da Rossella Schillaci con Chiara Cremaschi, Ninna nanna prigioniera, per aderire al soggetto, è quasi tutto filmato ad altezza di bambino nel corridoio della sezione, tra celle, porte chiuse, sbarre dove i piccoli giocano o semplicemente stazionano. Ma anche i luoghi fuori dal carcere, come l'asilo nido, rappresentano per i bambini ulteriori posti di reclusione in strutture, pur se aperte. Schillaci si sofferma in particolare su Jasmina, 24 anni, e sui suoi due figli più piccoli, mentre il più grande vive con la nonna; osserva da vicino, entra in complicità con quella donna e con altre. Al tempo stesso, filma le proteste di detenute per le scarse condizioni igieniche e le secondine. Non ci sono risposte definitive, ma, sostiene la regista, "il paradosso della maternità e dell'infanzia vissute in una cella mi hanno spinto a fare un film che lasci allo spettatore la libertà di vivere e conoscere il confinamento peculiare di una madre e della sua bambina".