Non solo le sue mitiche interpretazioni in "Blade Runner" e "Ladyhawke": ripercorriamo la carriera di Rutger Hauer, scomparso all'età di 75 anni
Rutger Hauer è stato un attore leggendario. Ribelle e anticonformista, ha conquistato Hollywood dopo una giovinezza insofferente alle regole ed è morto a 75 anni il 19 luglio 2019, esattamente nell'anno in cui moriva in Blade Runner. È stato proprio l'indimenticabile replicante Roy Batty nel film cult di Ridley Scott a consegnarlo alla leggenda, ma la sua carriera è ricca di titoli memorabili. Ne abbiamo scelti 10 per celebrare la sua leggenda e mostrare "cose mai viste".
Rutger Hauer, Blade Runner è solo l'inizio
- Fiore di carne (1973)
Il primo ruolo importante è con Paul Verhoeven. Un ritratto di erotismo sfrenato e morte in cui l'attore olandese è lo scultore bohemien Eric, collezionista di peli pubici e ingabbiato in un matrimonio dal quale ne esce a pezzi. Esplicito e fiabesco, mette a disagio come solo i film di Verhoeven sanno fare. Hauer tornerà a recitare per lui in Kitty Tippel... quelle notti passate sulla strada (1975), Soldato d'Orange (1977) e L'amore e il sangue (1985).
- I falchi della notte (1981)
Poliziesco cult di Bruce Malmuth dal ritmo mozzafiato. Il protagonista è Sylvester Stallone nei panni del detective reduce di guerra Dick Da Silva, ma Hauer domina la scena: è il terrorista senza scrupoli Wulfgar Reinhardt, capace di mettere a soqquadro New York in poche mosse. Il confronto con Sly nella cabina della funivia di Roosvelt Island è una scena da antologia. Il trampolino di lancio per la carriera a Hollywood.
- Blade Runner (1982)
Il mito assoluto, il film che ridefinisce il cinema di fantascienza e lo rende un mito vivente, anche a costo di farlo adagiare sui comodi lidi della maniera. "Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia. È tempo di morire": è il celebre monologo pronunciato dal replicante Roy Batty, scritto da Hauer in persona, come hanno raccontato il regista Ridley Scott e lo sceneggiatore David Peoples nel documentario Dangerous Days: On the Edge of Blade Runner.
- Osterman Weekend (1983)
Unica prova d'attore per il geniale Sam Peckinpah, nell'ultimo film (il più paranoico e politico) del grande regista di Getaway e Il mucchio selvaggio. In pieno clima da Guerra fredda, Hauer è John Tanner, un famoso giornalista televisivo che finisce in una rete di spionaggio della Cia per smascherare un'organizzazione russa, nella quale sarebbe coinvolto un suo caro amico. Una spy story sulle manipolazioni dei media e le trame dei poteri occulti, in cui l'attore mette in mostra ancora una volta il physique du rôle per le scene d'azione.
- Ladyhawke (1985)
Un classico del fantasy nel pieno del fulgore del genere. Rutger interpreta Navarre, l'ex capitano delle guardie della città di Aguillon che si innamora della bellissima Isabeau (Michelle Pfeiffer). Ma il loro amore non può sbocciare perché una terribile maledizione, lanciata dal Vescovo (John Wood), li separa per sempre. Lei di giorno è un falco, lui di notte diventa un lupo. "Sempre insieme, eternamente divisi": il film di Richard Donner è un cult per intere generazioni di spettatori.
Rutger Hauer, morto il replicante di Hollywood (ma non solo)
- The Hitcher - La lunga strada della paura (1986)
Nel cattivissimo horror thriller di Robert Harmon (che poi avrà tutto il tempo di perdersi), Hauer mette in pratica il classico detto "non dare mai un passaggio a uno sconosciuto". Lo sa bene il suo John Ryder, caricato in auto da un ragazzo sprovveduto in viaggio da Chicago a San Diego e finito nella tela di un killer spietato. Un uomo folle che uccide gli automobilisti così, senza un perché: ed è proprio questo il bello del film. Uno dei thriller simbolo degli anni '80 e dell'incubo tremendo che si cela dietro il loro benessere. Rutger, sguardo sadico di ghiaccio, non è mai stato così bravo.
- La leggenda del santo bevitore (1988)
Leone d'Oro a Venezia e vincitore di quattro David di Donatello, il film di Ermanno Olmi (dal romanzo di Joseph Roth) vede Hauer nel ruolo di Andreas Kartak, ex minatore della Slesia espulso dal suo Paese per un omicidio involontario e finito alcolizzato sotto i ponti di Parigi. Lentamente, attraverso un susseguirsi di incontri, piccoli miracoli e ricordi del suo passato, Andreas ritrova sé stesso. Un racconto di fede, solidarietà e speranza al quale l'attore si concede con nostalgia struggente e totale devozione.
- Furia cieca (1989)
Scult che segna la fine del successo di Hauer e l'inizio del suo declino. Tuttavia, grazie ai ripetuti passaggi televisivi negli anni '90, diventa anche uno degli action più citati e acclamati da un'intera generazioni di spettatori. L'attore olandese è un reduce di guerra cieco e abilissimo con la spada, che deve proteggere il figlio di un suo commilitone, finito nei guai con una banda di malavitosi. Il samurai senza vista ne combina di tutti i colori, fino all'epico scontro finale con il karateka giapponese Sho Kosugi.
- Omega Doom (1996)
Gli anni '90 sono quelli dei B-movie e non fa eccezione questo film di fantascienza diretto da Albert Pyun, regista hawaiano di serie Z "famoso" per prodotti come La spada a tre lame, Sogni radioattivi e Cyborg con Jean-Claude Van Damme. In questo caso, Hauer è l'ex soldato robot del titolo, finito nel mezzo di una guerra tra bande rivali in un futuro in cui gli androidi hanno conquistato la Terra. Da vedere insieme a 2049 - L'ultima frontiera e Hemoglobin - Creature dell'inferno.
- I colori della passione - The Mill and the Cross (2011)
Dopo ruoli secondari in produzioni importanti come Confessioni di una mente pericolosa di George Clooney, Sin City di Robert Rodriguez e Frank Miller e Batman Begins di Christopher Nolan, Hauer trova la sua ultima grande interpretazione in questo film di Lech Majewski, in cui diventa il pittore fiammingo Pieter Bruegel. Una magniloquente opera in 3D e computer graphic che ricostruisce la genesi del capolavoro "La salita al Calvario": un'autentica gioia per gli occhi, da recuperare e assaporare. Da vedere insieme al western I fratelli Sisters di Jacques Audiard, l'ultima apparizione arrivata sugli schermi italiani di Rutger prima della morte.
Fonte foto copertina: https://youtu.be/-fu7jN2_2pE
Fonte foto: https://youtu.be/Orr6FrDPkSg