Ron Howard riporta al cinema un nuovo capitolo della saga cinematografica Star Wars. Il film si lascia vedere, mixando una buona dose di action e strizzando l'occhio, forse troppo, ad un certo cinema vintage
Non che la fama di una delle saghe cinematografiche per eccellenza fosse caduta nel dimenticatoio, ma è sotto gli occhi di tutti come Disney, detentrice dei diritti di Star Wars dopo l'acquisizione della Lucasfilm del 2012, punti davvero tanto sull'unverso di Luke Skywalker e soci. Solo: A Star Wars Story è il secondo film del progetto Star Wars Anthology che prevede una serie di lungometraggi a sè, dedicati a personaggi specifici o storie mai raccontate all'interno della saga ufficiale. Il progetto Star Wars Anthology nasce nel 2013, quando Dinsey annuncia di voler far uscire un film all'anno dedicato a Star Wars: un sequel ufficiale un anno, un film "stan alone" quello successivo, e così via. I film della Star Wars Trilogy vengono annunciati come pellicole che avrebbero esplorato geograficamente e a livello temporale l'impero, rivelando ai fans nuovi intrecci, segreti, storie mai raccontate ed origini di alcuni personaggi storici.
Solo: A Star Wars Story racconta le origini di Han Solo
Il primo film della serie è stato Rogue One: A Star Wars Story del 2016 per la regia di Gareth Edwards. Il film raccontava le gesta di alcuni ribelli in missione segreta per rubare i piani di costruzione della nuova arma letale dell'impero: la Morte nera. Ora è il turno di Solo: A Star Wars Story, film che ci racconta le origini dell'amatissimo personaggio della saga Han Solo. Il film, come noto, non ha avuto una vita produttiva facile. A giugno 2017, infatti, i due registi designati Phil Lord e Christopher Miller abbandonano la produzione per "divergenze artistiche" con la Lucasfilm che, infine, ingaggia un nome molto altisonante a Hollywood: Ron Howard (Rush).
Una scelta molto importante, anche se l'impronta del regista è forse croce e delizia di questo film, che può dirsi riuscito ma che segna un passo indietro nella direzione artistica che la Disney aveva dato alla saga. Parliamoci chiaro, i film del franchise prodotti da Disney non hanno accontato tutti i fan, ma una cosa è sempre stata chiara, ovvero l'intenzione di giocare con i generi, spostarsi dal classico film di fantascienza vecchio stile e creare un linguaggio più fresco e moderno, certamente alla ricerca di un fandom più giovane, da fidelizzare per i prossimi decenni di film, videogiochi e merchandise. Piaccia o meno l'impronta della Disney è sempre stata volta all'innovazione, proprio quell'innovazione che risulta essere il tallone d'achille del film di Ron Howard.
Solo: A Star Wars Story è un racconto di formazione
Rogue One, per esempio, era un film dai toni cupi, dove la morte era qualcosa di realmente pauroso, un film che sguazzava in un linguaggio dark con efficacia e dove il personaggio femminile funzionava, con un immagine della donna forte ed indipendente. Solo si presenta, fondamentalmente, come un romanzo di formazione hollywoodiano dai toni molto classici, con ruolo predefiniti e una evoluzione lineare. Andando al nocciolo della questione, Solo ci parla di un ragazzo giovane che perde l'innocenza e insieme percorriamo con lui un'avventura che lo porterà ad essere quel disilluso e cinico contrabbandiere che conosciamo da decenni. Una parabola per nulla edificante, dunque, ma che Ron Howard decide di raccontare coi toni del' film d'avventura leggero, scanzonato, ironico e divertito, dove nemmeno la criminilità viene poi presa troppo sul serio.
Questa scelta, del tutto legittima, ci offre un Han Solo che nella prima parte risulta un po' troppo macchiettistico, poco profondo e che solo verso la fine riesce a convincere. Qualche tinta cupa avebbe certamente aiutato. Siamo certi che lo spettatore smaliziato abbia colto questo aspetto, ma è indubbio che il film sia divertente e funzioni. Howard si prende i suoi tempi narrativi ma sa arrivare al sodo, disegnando un film bello da vedere, diretto con estrema cura ed eleganza, in maniera classica nella sua accezione migliore. L'azione c'è, è adrenalinica, di grande impatto ma dimenticatevi l'epilessia da videoclip di film come Transformers o Fast & Furious, perché qui siamo più dalle parti di Indian Jones o Ritorno al futuro, quel mitico cinema d'avventura e azione hollywoodiano degli anni 80 che sicuramente il regista di questo film aveva in testa durante le riprese di Solo.
Ma non solo (perdonate il gioco di parole), il film di Howard è certamente il fim della nuova generazione di Star Wars che riprende, con toni sinceri, gli stilemi delle vecchie produzioni, da cui recupera in paricolar modo un sense of wonder da cinema fantastico dei passati decenni. Se da una parte molti lamenteranno il poco coraggio di questo film, dall'altra parte moltissime persone saranno grate e felici di poter assistere a un piccolo ritorno al passato, con quel velo di sana nostalgia che non guasta.
Solo: A Star Wars Story: il cast è all'altezza?
Anche le intepretazioni degli attori cercano di fare l'occhiolino agli interpreti cinematografici del passato e ai personaggi storici della saga, scelta che funziona per alcuni piuttosto bene (Donald Glover alle prese col personaggio di Lando), mentre per altri l'effetto dejavù è, forse, un po' grottesco (e parliamo del protagonista Alden Ehrenreich, il cui studio delle pose e delle espressioni di Harrison Ford è palese, ma che non tutti i fan hanno apprezzato). Nel cast del film c'è anche la star inglese della serie tv Il trono di Spade, Emilia Clarke che qui interpreta la femme fatale Qi'ra.
La saga Star Wars come il Marvel Cinematic Universe?
Un'ultima considerazione importante da fare, non riguarda la qualità del film, bensì la sua importanza perché, probabilmente, segna l'avvio di una sorta di marvelizzazione dell'universo Star Wars. Disney, proprietaria anche di Marvel, con l'Uomo Ragno e soci sta facendo un'operazione molto precisa: creare un ernome universo narrativo dove ogni film sia parte del puzzle globale, con uno stile che pesca a piene mani tra gli espendieti sia dei fumetti (il famoso multiverso marveliano), sia delle serie televisive, con l'approccio in chiave to be continued. Solo: A Star Wars, innanzitutto, è un film per certi versi incompiuto dal punto di vista narrativo e tutto fa presagire che altri film chiuderanno alcune trame ancora aperte, proprio come avviene nei film dei Marvel Studios. Curiosa la scelta di inserire per la prima volta, in modo così forte, l'idea di "universo nattarivo", per un film che nasce all'interno di un contenitore di pellicole a sè stanti, ma è chiaro che la via intrapresa da Disney sia proprio questa.
Voto 6.5
Fonte foto articolo: www.facebook.com/StarWars.it/