Le dichiarazioni in conferenza stampa di Thomas McCarthy, regista di Spotlight, presentato al 72esimo Festival internazionale del Cinema di Venezia
Attesissimo e sicuramente destinato a far parlare molto di sè. È Spotlight, il film di Thomas McCarthy presentato ieri fuori concorso, giovedì 3 settembre, alla 72esima edizione del Festival del Cinema di Venezia.
Il tema è delicato e scottante. E punta i riflettori sull'inchiesta del Boston Globe del 2002, poi Premio Pulitzer nel 2003, che ha indagato augli abusi sessuali perpetrati da cinque sacerdoti della chiesa di Boston.
Accolto nel corso della proiezione riservata alla stampa con un lungo applauso, si attende ora di sapere quale sarà l'accoglienza da parte della Chiesa, anche se lo stesso regista ha confessato di non aspettarsi «grandi reazioni».
McCarthy stesso ha parlato senza riserve del suo rapporto con la Chiesa: «Mi piacerebbe che Papa Francesco potesse vedere il mio film – ha spiegato – ma non credo che la pellicola susciterà grandi reazioni da parte della Chiesa. Sì, sono pessimista nei confronti della chiesa cattolica: le parole sono una cosa e le azioni un'altra». «In ogni caso – ha aggiunto McCarthy – il mio non vuole essere un attacco alla Chiesa ma un invito a guarire le ferite che ha provocato, anche allontanando la gente dalla fede».
Anche per Stanley Tucci – indimenticabile in Il diavolo veste Prada – Papa Francesco è «l'unico che potrà fermare questa terribile piaga».
A loro si aggiungono anche le parole di Mark Ruffalo, che in Spotlight interpreta Michael Rezendes, una delle firme più importanti del «Boston Globe»: «Spero che questo film venga utilizzato dal Vaticano per raddrizzare i suoi torti e per aiutare chi, dopo quello che ha subito, ha perso la fede».