In Concorso a Cannes 2024, il dramma storico del regista svedese ripercorre la vicenda della serial killer Dagmar Overbye
Ha colpito il pubblico e la critica il true crime nordico The Girl with the Needle, terzo lungometraggio di Magnus von Horn presentato in Concorso al Festival di Cannes 2024. Il regista svedese di The Here After e Sweat presenta il suo film come "una fiaba per adulti" che flirta con i generi (il mélo venato di gotico, il thriller in costume, il dramma sociale) per far scoprire al mondo una vicenda agghiacciante molto nota in patria: la storia vera della serial killer Dagmar Overbye.
The Girl with the Needle, film di Magnus von Horn a Cannes
Immerso in un bianco e nero espressionista curato dal direttore della fotografia Michał Dymek e scritto da Von Horn con Line Langebek, The Girl with the Needle racconta la vicenda di Karoline (Vic Carmen Sonne), una giovane operaia tessile che nella Copenaghen del primo dopoguerra, con il marito scomparso al fronte, viene messa incinta e ripudiata dal padrone della fabbrica in cui lavora.
Nella povertà e disperazione più nere, la "ragazza con l'ago" affida il suo neonato alla "creatrice di angeli" Dagmar (Trine Dyrholm), una donna che gestisce una rete di adozioni clandestine e che le promette di aiutarla a trovare una famiglia ricca dove far crescere il bambino. Tra il ritorno del marito, sfregiato al volto sul campo di battaglia, e la scoperta della natura diabolica di Dagmar, che la avvia all'abuso di droghe, Karoline si trova presto ad affrontare una realtà da incubo.
The Girl with the Needle: la storia vera di Dagmar Overbye
A ispirare la sceneggiatura di The Girl with the Needle è un vero fatto di cronaca: gli omicidi di Dagmar Overbye, assassina seriale che ha ucciso tra i 9 e i 25 bambini nel periodo dal 1913 al 1920. Overbye era una "custode" di bambine e bambini nati al di fuori del matrimonio. In apparenza, il suo obiettivo era aiutare le donne povere ad affrontare gravidanze indesiderate. Nella realtà, Dagmar strangolava, annegava o bruciava i piccoli in una stufa in muratura. I corpi venivano cremati, sepolti o nascosti in soffitta.
Il passato di Dagmar Overbye era stato segnato da abusi e violenze in famiglia. Il 3 marzo 1921 fu condannata a morte (per 9 omicidi, perché non c'erano prove sufficienti per gli altri) in uno dei processi più famosi della storia danese. La pena venne poi commutata in ergastolo, ma il procedimento fece cambiare la legislazione sull'assistenza all'infanzia. Dagmar morì in carcere il 6 maggio 1929, all'età di 42 anni. Tracce di questa oscura vicenda sono conservate al Politimuseet di Copenhagen, che ha dedicato anche un podcast a Overbye.
Nelle note di regia, Magnus von Horn definisce gli omicidi più controversi della storia danese "un trauma nazionale che riecheggia nel tempo e che ancora oggi ci ricorda cosa significa chiudere un occhio sugli orrori della società".
Foto: Lukasz Bak / The Match Factory