La recensione di Tre manifesti a Ebbing, il film che ha sbancato i Golden Globes

Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, con una straordinaria Francis McDormand, è una commedia amara e grottesca

Fresco trionfatore dei Golden Globes con quattro premi vinti - miglior film drammatico, miglior sceneggiatura, miglior attrice in un film drammatico a Frances Mc Dormand e miglior attore non protagonista a Sam Rockwell - e tra i favoriti per la prossima notte degli Oscar, Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh aveva già ampiamente convinto a Venezia74. Fu tra i film più apprezzati del concorso e vinse il Premio Osella per la miglior sceneggiatura, oltre ad essere stato, secondo molti rumors, fino all'ultimo momento il contedente di The shape of water per il Leone d'oro. Riconoscimenti meritati perché l'esilarante, beffardo, complesso e problematico Three Billboards Outside Ebbing, Missouri è una sardonica opera in grado di penetrare come un coltello nella profondità di un contesto di provincia e nella disperazione e nel cinismo che certi eventi traumatici possono causare in un individuo. Nel cast Frances McDormand, Woody Harrelson e Sam Rockwell compongono un trio di attori in splendida forma, facendo quasi una gara di bravura.

Tre manifesti a Ebbing, Missouri: la trama

La stratosferica Frances McDormand è una madre la cui figlia è stata rapita, violentata e uccisa. Per smuovere le acque dell’indagine ferma al palo da oltre un anno affitta i tre cartelloni pubblicitari del titolo, sui quali affigge accuse alla polizia e allo sceriffo locale (Il bravissimo Woody Harrelson, intenso e più asciutto del solito). Provocazione che scatena reazioni sempre più incontrollabili, con la donna che continua imperterrita sulla strada della ricerca della giustizia e della verità nonostante una comunità sempre più ostile e stretta intorno allo sceriffo, personaggio, vedremo, estremamente contraddittorio. Il terzo lato del triangolo è costituito dal poliziotto interpretato da Sam Rockwell in quella che è la sua migliore interpretazione, esempio esasperato dell'America "Redneck" e "white trash" più profonda, violento, razzista e alcolizzato e che vede nel suo capo una figura paterna. Sarà però anche colui che avrà l'evoluzione interiore più evidente e che più sarà cambiato dalla vicenda.

I personaggi

Il grottesco dei fratelli Coen – certamente presente tra le fonti d'ispirazione, ma non così decisivo come molti commentatori hanno fatto notare, - si unisce, con un pizzico di atmosfere alla Twin Peaks (c'è per esempio pure un nano), alla rappresentazione dell’eroe (anzi, dell'eroina) solitario, individualista e contraddittorio tipico del cinema di Clint Eastwood. .Ci sono lo stesso tormento e la medesima ambiguità di fondo. La stratificazione e il disordine interiore non caratterizzano solo la protagonista. Prendiamo l'esempio dello sceriffo; non è frutto dello stereotipo del classico tutore dell'ordine tutto muscoli e niente cervello, né di quello altrettanto classico del funzionario corrotto o in malafede. Non c’è manicheismo, ma tra il poliziotto, anche lui con il peso di una situazione privata insostenibile e anche lui in qualche modo vittima degli eventi, e la donna nasce una certa vicinanza ideale. Lo stesso ragionamento si può fare per l'agente "redneck" interpretato da Rockwell. I tre personaggi sono tre facce della stessa medaglia e tre frutti dello stesso desolato contesto sociale.

La disperazione rende la coriacea protagonista cinica e pronta a tutto, senza remore morali e pronta a non guardare in faccia a nessuno, neanche al dolore altrui. Un’eroina con la quale non sempre si riesce, nonostante la sua tragedia, a empatizzare fino in fondo, portata dal dolore sempre più vicino alla deriva morale. Rischio, quello della deriva morale, che lo splendido, ambiguo e quasi agghiacciante finale rende concreto.

L'analisi

McDonagh dipinge senza schematismi un ritratto cupo e beffardo di una piccola comunità come tante giocando sui rapporti di forza tra i personaggi e sulle loro tormentate condizioni interiori, mettendo l’intreccio dell’indagine e lo svelamento del mistero in secondo piano, in una posizione strumentale. La cittadina dove la vicenda si svolge appare come un coacervo di disillusioni, solitudini, rabbia, violenza e fallimenti. Il costante ed esilarante black humour e il fuoco di fila di battute riuscite, sguardi perplessi e dialoghi ficcanti da un lato sì alleggerisce il peso delle tematiche, ma soprattutto contribuisce a rendere ancor più tetro e straniante il contesto, risultando quindi perfettamente inserito nell’economia dell’opera e coerente con i suoi obiettivi. Three Billboards Outside Ebbing, Missouri qua e là appare come un'esilarante e allo stesso tempo tetra e dura screwball comedy sui mali di una società, e anche per questo funziona a meraviglia.

L'unica cosa che si può rimproverare al regista, aldilà di un paio di lungaggini nella seconda parte,- in particolare legate alla risoluzione del caso -, è forse il fatto che Tre manifesti a Ebbing, Missouri è un film che si affida quasi totalmente all'oliatissima sceneggiatura, alla potenza dei dialoghi e alla bravura straordinaria del cast. Chi è rimasto perplesso ha fatto notare che è un'opera in cui McDonagh si limita a dirigere il traffico. É vero che è una regia molto accademica, senza particolari picchi stilistici, che si limita a gestire il ritmo. Allo stesso tempo è però anche una regia in grado di dare i tempi, comici e non solo, giusti e in grado di gestire alla perfezione il mix dei vari toni presenti. Non è una regia anonima, è semmai una regia invisibile, e la storia del cinema insegna che le due definizioni non sono sinonimi.

Venezia 74

Tornando al festival di Venezia, il film di McDonagh era apparso anche come l'opera più efficacemente “antitrumpiana” vista in un concorso in cui numerosi sono stati i riferimenti al presidente e alla nuova era della politica e della storia statunitense. Sequenze, da quella un po' qualunquista da italiano all'estero di Ella e John di Paolo Virzì al finale di Suburbicon di George Clooney e alla morale di Downsizing di Alexander Payne, talvolta retoriche e talvolta artificiose, non sempre necessarie. Tre manifesti a Ebbing, Missouri funziona invece anche se letto da questo punto di vista proprio perché evita i riferimenti diretti o moralisti e respira e rielabora l’aria che tira, diventando così efficace allegoria di un paese.

Un film quindi divertente e profondo, contraddittorio e cattivo, in grado di dipingere il ritratto del profondo di una nazione facendo divertire; anche se la risata è acre e dal retrogusto amaro.

Voto: 8

Frase:

Tutta  questa rabbia genera solamente più rabbia

Fonte immagine di copertina: facebook.com/mondofilm.it