Trieste Film Festival, un ponte tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest

Al via la ventottesima edizione del principale appuntamento italiano con il cinema dell’Europa orientale. Anteprime, omaggi e l’Eastern Star Award a Monica Bellucci

Gennaio è il mese dei primi grandi appuntamenti cinematografici internazionali. Dal Sundance di Park City negli Stati Uniti (dal 19 al 29 gennaio 2017) al festival di Rotterdam in Olanda (dal 25 gennaio al 5 febbraio 2017) e al Trieste Film Festival, che costituisce l’esordio dei festival italiani. Giunto alla ventottesima edizione (inaugurazione venerdì 20 gennaio 2017 con il film d’apertura in anteprima italiana The Teacher di Jan Hrebejk, ambientato nella Cecoslovacchia degli anni Ottanta), il festival diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo si fonda su una precisa identità, declinata in una varietà di proposte, e rappresenta il principale appuntamento italiano con il cinema dell’Europa orientale, ospitato in una città che è da sempre stata crocevia di culture. Per nove giorni (terminerà sabato 28 gennaio 2017 con la cerimonia di chiusura, la consegna dei premi e l’evento speciale, ovvero la proiezione del nuovo film di Emir Kusturica On the Milky Road interpretato da Monica Bellucci). La diva del cinema italiano, e non solo, sarà presente alla serata e riceverà l’Eastern Star Award, premio che “segnala una personalità del mondo del cinema che con il suo lavoro ha contribuito a gettare un ponte tra l’Europa dell’Est e dell’Ovest”.

“Siamo felici che una star internazionale come Monica Bellucci abbia accettato il nostro invito - spiegano Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo - sarà l’occasione per celebrare un’autentica diva che nel corso della sua carriera ha legato il proprio nome, oltre che a tanto cinema italiano (da Tornatore a Virzì, da Giordana ad Alice Rohrwacher), anche ad autori di tutto il mondo, da Francis Ford Coppola a Philippe Garrel, da Sam Mendes a Terry Gilliam, dai fratelli Wachowski (Matrix Reloaded e Matrix Revolution) a Bahman Ghobadi (Rhino Season) fino, appunto, a Emir Kusturica”.

Tra i film del concorso lungometraggi, va subito segnalata l’opera prima proveniente dalla Repubblica Ceca di Tomas Weinreib e Petr Kazda Já, Olga Hepnarová (Io, Olga Hepnarová). In un bianconero che rimanda al cinema degli anni Settanta, aderendo con tale scelta cromatica al periodo in cui è ambientato, il film segue la solitudine e la deriva psicofisica della ragazza del titolo che abita in Cecoslovacchia. Lesbica, rifiutata dalla società, lascia la famiglia dalle rigide regole e s’inabissa, con il suo corpo magro, il suo viso, la sua andatura che esprimono il tormento e il costante oscillare tra stati d’animo introversi/estroversi, in un vortice autodistruttivo, in un crimine per il quale sarà condannata a morte. Infatti, il film è basato sulla storia vera dell’ultima persona giustiziata in Cecoslovacchia. Era il 1973. Ma la questione storica, politica e sociale è tenuta ai margini, i registi si concentrano sul personaggio, seguendolo con impeccabile tensione formale.

Del ricco cartellone del festival (del quale scriveremo anche nei prossimi giorni), fanno parte anche gli omaggi a Omero Antonutti (con la proiezione di un classico del cinema italiano come Padre padrone di Paolo e Vittorio Taviani, vincitore della palma d’oro a Cannes nel 1977) e a Andrzej Wajda, uno dei maestri del cinema polacco, morto nel 2016, con il suo ultimo film Powidoki (Immagini residue), ritratto del pittore Wladyslaw Strzeminski che, nel 1945, rifiutò di scendere a compromessi con la politica degli occupanti sovietici e, espulso dall’università, iniziò a lottare contro la dottrina staliniana con l’aiuto di alcuni studenti. E ci sarà anche quest’anno il premio Corso Salani, in memoria di un autore inimitabile, scomparso nel 2010, che con la sua sensibilità ha scritto pagine indimenticabili di un cinema meravigliosamente apolide.

Il Trieste Film Festival ha consolidato anno dopo anno la sua vocazione di ricerca. Nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino (l’edizione “zero” è datata 1987), continua a essere da quasi trent’anni un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori spesso poco noti - se non addirittura sconosciuti - al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”. Più che un festival, “un ponte che mette in contatto le diverse latitudini dell’Europa del cinema, scoprendo in anticipo nomi e tendenze destinate ad imporsi nel panorama internazionale”.