Un mondo di cinema alle porte dell'Italia tutto da scoprire

Al Trieste Film Festival le cinematografie del Centro e dell'Est Europa, ancora troppo penalizzate dalla distribuzione italiana. E l'omaggio a Omero Antonutti con Padre padrone dei fratelli Taviani

Una coppia romena, sposata con figlio piccolo, tenta di riconciliarsi al ritorno a casa del marito dopo un anno di lavoro in Italia nel corso di una lunga notte durante la quale si celebra una festa di matrimonio (Dincolo de calea ferata, Lungo i binari, di Catalin Mitulescu). Marito e moglie ungheresi, nel pieno di una crisi generata dalla problematica psicologia del loro bambino, vedono ancor più tendersi il rapporto nel momento in cui inaspettatamente la sorella della moglie, il consorte e la figlia adolescente chiedono ospitalità trovandosi senza casa in seguito al rientro imprevisto dalla Scozia (Ernellaek farkaseknal, Non è il periodo migliore della mia vita, di Szabolcs Hajdu). Una scienziata lituana vive da trent'anni in una stazione glaciologica situata a 3500 metri di altezza in Kazakistan in compagnia del gatto e del cane inseparabili (Moteris ir ledynas, La donna e il ghiacciaio, di Audrius Stonys).

Appena oltre i confini centro-orientali dell'Italia esiste un mondo di cinema tutto da esplorare, e senza l'appuntamento annuale di gennaio del Trieste Film Festival giunto in piena forma alla ventottesima edizione, sarebbe quasi impossibile compiere, con regolarità, una mappatura delle cinematografie del Centro e dell'Europa dell'Est. Le tre storie, i tre film, i tre registi che abbiamo sinteticamente descritto costituiscono solo tre esempi estratti da un programma ricco e articolato, composto di film di finzione e documentari di qualsiasi durata (lungo, medio, corto metraggi). Trieste è luogo perfetto per la presentazione di questa variegata produzione, e con la maggior parte delle opere in anteprima italiana. Il pubblico cittadino e proveniente dalle zone limitrofe, e quindi non solo gli addetti ai lavori, affolla le due sale curioso di scoprire un cinema plurale e di frontiera. Paradossalmente, ancora oggi il Trieste Film festival diretto da Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo è più conosciuto e apprezzato all'estero che in Italia, e più coperto dai media stranieri che da quelli italiani. Perché è uno dei pochi festival italiani ancora profondamente d'autore, frequentato da cineasti, attori, attrici di prima grandezza, ma che per i media italiana non fanno audience (e fin quando si continuerà a ignorarli, le cose non cambieranno mai). Il festival giuliano ha un tappeto rosso di stelle cinematografiche, ma non solo, senza la necessità di stenderlo, di esibirlo. Per la presentazione, nella sezione Art & Sound, di Liberation Day (distribuito da Wanted Cinema) del lettone Ugis Olte e del norvegese Morten Traavik, molti spettatori sono rimasti fuori dalla sala. Perché nel documentario è presente la band rock slovena di culto Laibach che quando tiene concerti a Trieste fa sold out in breve tempo. Perché Trieste è crocevia di culture e di mondi, e il festival lo conferma nei suoi numerosi eventi. E se tappeto rosso, inteso nella sua forma più nota, ci sarà, sarà perché una diva come Monica Bellucci, che sabato 28 gennaio 2017 riceverà l'Eastern Award, è l'interprete del film del celebre autore serbo-bosniaco Emir Kusturica On the Milky Road, scelto per la chiusura del festival (sarà distribuito da Europictures).

Tra gli eventi speciali, martedì 24 gennaio, va segnalato quello dedicato a Omero Antonutti, attore simbolo di una stagione d'arte del cinema italiano e europeo. Nato a Udine nel 1935, Antonutti è stato attore di cinema, teatro, televisione, nonché doppiatore. Ha lavorato in Italia, molto con i fratelli Taviani, ma anche con Luigi Comencini, Emidio Greco, Franco Giraldi, Paolo Virzì, Marco Tullio Giordana, Michele Placido, e ha interpretato film dello spagnolo Carlos Saura, del greco Theo Angelopoulos, di Spike Lee. Ma il suo nome è ancora oggi legato a Padre padrone di Paolo e Vittorio Taviani, che fu palma d'oro al festival di Cannes 1977. Liberamente tratto dal romanzo omonimo autobiografico di Gavino Ledda, il film narra la storia di un bambino costretto ad abbandonare la scuola e a fare il pastore in Sardegna per volere del violento padre Efisio (Antonutti). Analfabeta, obbligato poi dal padre ad arruolarsi, Gavino trova, sotto le armi, in Cesare (Nanni Moretti) la persona che gli insegnerà a leggere e scrivere. L'omaggio a Omero Antonutti comprende la proiezione del capolavoro dei Taviani, preceduto da un incontro con l'ottantaduenne attore, nel corso del quale verrà presentato in anteprima il volume Omero Antonutti curato da Guido Botteri.