Under the Silver Lake, Andrew Garfield prigioniero di incubo confuso e allucinato

Dopo l'applaudito horror It Follows, il regista David Robert Mitchell dirige un noir confuso con un ottimo Andrew Garfield.

Benvenuti nell’incubo ad occhi aperti di David Robert Mitchell. Il regista che ha catturato l’attenzione di pubblico e critica nel 2015 con l’originale horror It Follows, ha presentato a Cannes 2018 il suo nuovo film, Under the Silver Lake. Andrew Garfield è prigioniero di un’avventura ambigua e allucinata in una Los Angeles noir, immersa in un’atmosfera nostalgica anni ’80.  Facile cogliere il riferimento a Mulholland Drive e all’immaginario onirico e surreale di David Lynch, ma è viva anche la ricerca del brivido di Alfred Hitchcock, dal momento in cui il protagonista passa le sue giornate a spiare i vicini di casa, seduto sul terrazzo con un binocolo fra le mani, come l’indimenticabile La Finestra sul Cortile. 

Under the Silver Lake: la trama del film

Sam è un ragazzo curioso, indietro con l’affitto e in cerca di ispirazione per il suo lavoro creativo. Legge fumetti, gioca a Super Mario Bros. e fantastica su una ragazza bionda e affascinante che ogni giorno prende il sole a bordo piscina in compagnia del suo piccolo cagnolino, all’interno del cortile condominiale. Una strana relazione nasce tra i due, ma prima che Sam possa decidere come portare avanti la sua storia con Sarah, questa scompare nel nulla. Inizia così una ricerca disperata tra le strade di una Los Angeles spettrale, tra party scenografici e disinibiti, affollati drive-in e incontri imprevisti in una ambigua East Hollywood. Una realtà alternativa si nasconde dietro ogni angolo e diventa difficile distinguere la fantasia dalla realtà, con un protagonista ingjhiottito in un ballo vorticoso di allucinazioni, allusioni e provocazioni. La grande città americana si trasforma in una Twin Peaks inquietante e surreale, capace di qualsiasi situazione. Ma non è possibile restare a guardare, bisogna vivere e sperimentare.

Under the Silver Lake: David Robert Mitchell confuso cinefilo

In It Follows, David Robert Mitchell aveva già dimostrato la sua capacità nel modulare la musica, il suono e il movimento della cinepresa in modo avvolgente e intrigante. Anche in questo nuovo film si nota il suo stile registico personale e accattivante. Egli immerge i suoi personaggi in una città socialmente stratificata che assume la forma di una seducente tela, a volte scintillante e provocatoria, a volte torbida. Tuttavia il regista perde così tanto tempo a costruire la tensione, che si dimentica di mostrare al pubblico la causa di quel tormento che agita il protagonista. Lo spettatore ha la sensazione che debba succedere qualcosa, ma poi la sua aspettativa viene delusa e ridotta ad un fuoco di paglia. La sceneggiatura ha dei punti deboli e rende il film troppo lungo e sconnesso. Il regista non rinuncia a niente e include troppe cose tutte insieme all’interno di una storia, perdendo di vista l’obiettivo. Il risultato è un film confuso e invaso da riferimenti hollywoodiani che lo rendono un pastiche, noioso anche per un cinefilo. 

Bravissimo tuttavia Andrew Garfield che, con questo ruolo, ha modo di sottolineare il suo talento e la sua versatilità. Tra il patetico fallito che prova ad andare avanti e un determinato ricercatore della verità, egli rappresenta il punto di forza del film. L’ossessione per la sua amata donna scomparsa lo risucchia in una rete di enigmi legati alla cultura pop, e segreti di culto dei ricchi. Under the Silver Lake ha una visione sfrenata e screpolata che può allontanare parte del pubblico, ma ipnotizzare pochi eletti. Sulla Croisette sono volati paragoni con film come Vizio di Forma, Donnie Darko e Southland Tales, e sicuramente le atmosfere e la chiave di lettura narrativa riprendono quegli ambizioni esperimenti del passato. Ma Mitchell si lascia andare ad una ingiustificata sregolatezza che non funziona fino alla fine del film. Ci sono momenti grotteschi, momenti ironici e momenti sensuali, mentre una paranoia si impossessa gradualmente di Sam e la trama comincia a sfaldarsi. 

Under the Silver Lake: un film omaggio a David Lynch

Inutile dire che in Under the Silver Lake ci sono molte cose da analizzare, e forse è uno di quei film che ha bisogno di una seconda visione, soprattutto se all’interno del ricco programma di un festival importante come Cannes. Se questo film è il tentativo di Mitchell di sfidare David Lynch, sicuramente non è andato a buon fine. Si potrebbe definire un neo-noir con una inclinazione surrealista, che in fondo è elegante e occasionalmente intrigante nella forma. Il mondo di Under the Silver Lake è pieno di dettagli particolari, poichè il regista crea una vera e propria mitologia sotterranea fatta di codici segreti, nascosti tra la geografia di Los Angeles e la cultura pop. Qualcuno potrebbe considerare questo film un cugino bizzarro di Ready Player One, in quanto le ossessioni di un ragazzo nerd protagonista sono la chiave per risolvere un grande puzzle e arrivare alla verità. La colonna sonora, tuttavia, è fantastica e una delle scene più curiose e riuscite del film è quando Sam incontra un compositore che rivela di aver personalmente composto tutte le canzoni pop che il mondo ha amato negli ultimi 60 anni: tutte quelle melodie che molti credono fermamente siano autentiche espressioni popolari di ribellione e di amore, tutte cinicamente presentate da lui. 

Under the Silver Lake è la prova che quando un regista ha il suo momento di gloria, fa fatica a superare un certo livello. Questo film si addentra in un torbido lago di autocoscienza e affonda inesorabilmente verso il basso. La città è un labirinto di corruzione in cui il sesso, l’avidità e il potere soffocano l’atmosfera, ma rimangono fuori dalla griglia. Non mancano sequenze coinvolgenti e ipnotiche, ma Mitchell sembra cercare qualcosa di inesistente per le due ore e venti di durata. E’ chiara la sua intenzione di realizzare un film potente che sia anche una dichiarazione d’amore al cinema che lo ha influenzato. Prova a creare un incubo generazionale in cui la cultura pop trasporta significati nascosti controllati dall’alto e l’idea è originale e stravagante. Ma alla fine il film rincorre troppe metafore e diventa respingente per un pubblico che non vuole avventurarsi nella tana del bianconiglio che poi si trasforma in una superstrada perduta. 

Voto: 6