Ecco alcuni dei film di Pasolini che furono censurati
Cineasta macchiato dallo scandalo, forte editorialista, poeta e drammaturgo, traduttore, sceneggiatore e critico letterario, ma anche militante politico. Questo è stato Pier Paolo Pasolini, un artista poliedrico che ha lasciato il segno nel nostro Paese. Non è possibile collocare Pasolini in un’unica categoria, perché durante la sua vita è riuscito a creare scalpore in qualunque cosa si cimentasse. Volendoci soffermare sul cinema, Pasolini ha prodotto più scandalo che apprezzamento. Ogni sua pellicola prodotta era una dichiarazione di diversità, un messaggio indirizzato a come lo scandalo lo fortificasse, perché significava che aveva colpito nel segno, nonostante ne abbia pagato poi caramente il prezzo. La carriera da cineasta di Pasolini conobbe immediatamente il retrogusto amaro di chi vuole parlare apertamente in un Paese affatto pronto. Nonostante le problematiche affrontate già in precedenza durante la sua carriera di poeta, nel 1961 l’artista approda al cinema con “Accattone”, un film immediatamente contestato e ritirato senza pietà dalle sale. Ma è con la produzione del mediometraggio “La ricotta”, elaborato durante la produzione di “Mamma Roma”, che Pasolini viene portato in tribunale e costretto a quattro mesi di reclusione. Nel 1968, arriva il momento di “Teorema”, pellicola immediatamente sequestrata con accuse di scene di amplessi carnali e omosessuali. Nel 1971, Pasolini creerà il primo di tre capitoli, definito la Trilogia della vita: “Il Decameron”, seguito da "I racconti di Canterbury" (1972) e "Il fiore delle Mille e una notte" (1974), si rifà alle novelle di Boccaccio e ambienta alcune novelle nell’area napoletana, enfatizzando come da copione scene di lussuria. La censura questa volta si abbatte su Pasolini come un nido di vespe senza il disturbo di cercare una scusante; ormai è routine. Il 1975 esce l’ultimo film di Pasolini, qualche giorno dopo la sua morte. La critica fu feroce nei confronti di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”, per via di quelle scene reputate altamente perverse. Restaurato dalla Cineteca di Bologna, il film è stato riproposto al cinema in occasione dei quarant'anni dalla morte del regista.