Harry Potter: differenze libri e film

La saga di Harry Potter ha affascinato e continua ad affascinare adulti e ragazzi, dalle pagine di un libro e dallo schermo cinematografico.

7 libri e un sequel fresco di stampa, edito in forma di pièce teatrale, “Harry Potter e la maledizione dell’erede”, sono diventati un vero e proprio fenomeno trasversale, non solo letterario ma anche di marketing. Esiste addirittura un sito dedicato (www.pottermore.com) dove gli appassionati della storia del giovane mago possono cimentarsi in una serie di quiz per trovare la loro “casa”, e persino il loro “patronus”, una sorta di spirito protettore che, evocato con l’incantesimo, “Expecto Patronum” protegge maghi e streghe dai Dissennatori.

Se i libri lasciano libera la fantasia dei lettori, grandi e piccoli, portandoli ad immaginare arbitrariamente gli ambienti descritti dalla Rowlings, dalla casa degli zii di Harry in Privet Drive, al soffocante sottoscala in cui Harry è costretto nei suoi primi anni di vita, alla magnificenza dei saloni di Hogwarts, la scuola per maghi e streghe frequentata da Harry, all’oscurità della foresta incantata, e portandoli  ad immaginare e sognare situazioni più o meno spaventose a seconda del procedere del racconto, la versione cinematografica rende tutto più fantastico ma meno fantasioso.

I primi due capitoli della saga “Harry Potter e la Pietra Filosofale” e “Harry Potter e la Camera dei Segreti” ricalcano quasi alla perfezione le descrizioni dei libri, complice forse lo zampino della Rowling ma sicuramente per “colpa” dello spirito giocoso di Chris Columbus, per intenderci lo stesso regista di “Mamma ho perso l’aereo!”, che dall’alto dei suoi anni riesce a raccontare delle storie da bambini come se lui stesso fosse il bambino.

Le atmosfere sono cupe quel tanto che basta a mettere la testa sotto le coperte per la paura, ma lasciando fuori un occhio, perché l’avventura è dietro l’angolo. Harry Potter è ancora un bambino e anche le storie, per quanto avventurose, pericolose e piene di impreviste sono viste con l’occhio di un bambino. Nella scena in cui Harry inforca per la prima volta una scopa volante, l’atmosfera è così eterea che sembra di sentire l’aria fresca dei monti che circondano la scuola.

Le ambientazioni si fanno però più cupe nei capitoli successivi, e moltissimi episodi dei libri vengono tagliati dai film, per questioni di tempi tecnici sicuramente, ma anche per concentrare l’attenzione su una storia più intima. Harry sta crescendo, aumentano i conflitti con gli amici di sempre, Ron ed Hermione, gli scontri con il preside della scuola Albus Silente (Dumbledore in inglese) che comportandosi come un padre putativo per l’orfano Harry, cerca di tenerlo lontano dai pericoli a cui inevitabilmente il ragazzino è sottoposto per tutta la saga. Harry, vittima prediletta di Voldemort (chi-sai-tu) lo stregone cattivo e malvagio che ha ucciso i genitori di Harry quando il  ragazzo aveva solo un anno, ritorna, in forme diverse, in situazioni differenti in tutti i romanzi della saga. Il terzo capitolo cinematografico della saga diretto da Alfonso Cuarón perde tutta la levità dei primi e il giocoso senso dell’avventura di Columbus, per portarci in una Hogwarts dai toni cupi e scuri. Quasi paurosi. Angoscianti. Chi si aspetta di trovare sullo schermo tutto quanto il libro, resta deluso. Scelte cinematografiche sicuramente. Tanto comunque Harry Potter è un investimento sicuro. Anche in versione dark.

Harry cresce e anche l’atmosfera dei film cambia, il regista di Harry Potter e il calice di fuoco è Mike Newell (Donnie Brasco, Monna Lisa Smile, Price of Persia, L’amore ai tempi del colera, giusto per citarne alcuni), e la storia diventa gara, confronto, corsa, diventa sport, amicizie, amori che nascono, gelosie. Che ben spiccano nel film ma che nel libro sono ancora piuttosto edulcorate dall’affetto che i lettori provano per i personaggi.

Nel quinto capitolo, “Harry Potter e l’ordine della Fenice” il regista è David Yates a cui la produzione assegna anche la direzione del sesto capitolo della saga “Harry Potter e il principe mezzosangue” e il settimo e l’ottavo “Harry Potter e i Doni della Morte”, ma lui è soprattutto il regista de “Lo Hobbit” e questo vorrà ben dire qualcosa. Fantasia, magia, avventure, fughe, scontri, battaglie epiche, sono solo alcune delle caratteristiche di questi film.

Sono momenti di crescita per Harry, Ron, Hermione. Di grandi perdite, di guerre senza esclusione di colpi. Di amori che nascono e che si dissolvono. Di mani che si stringono e di occhi che si cercano. Ma se nei libri, come sempre, la mente vola, i film ci costringono a stare lì seduti sulla poltrona ad assaporare quanto concepito dalla mente degli sceneggiatori e dei registi.

Certe scene sono epiche o romantiche solo nella mente dei lettori, forse, e il film, suo malgrado, a volte perde la magia.