Il regista messicano Michel Grau fa rivivere il terremoto avvenuto a Città del Messico nel 1985 in una narrazione claustrofobica.
Il film è presente al Festival del Cinema di Roma 2016 e racconta del 19 settembre 1985 quando Città del Messico fu colpita da uno dei terremoti più tremendi di questi ultimi tempi. Fu colpita soprattutto la capitale, dove crollarono centinaia di edifici. L'epicentro ebbe luogo di primo mattino, da qui il titolo della pellicola 7.19, costa Pacifica del Messico, nei pressi di Lazaro Cardenas, lo stato del Michoacàn al confine con il Guerrero.
Prime ore del mattino. In un edificio governativo i dipendenti sono convocati per una riunione straordinaria. Improvvisamente un violento terremoto li seppellisce sotto il cemento e lamiere. Bloccati senza apparente via di scampo i pochi sopravvissuti si aggrappano alle loro vite e in disperata attesa di aiuto.
Jorge Michael Grau nella narrazione del suo film non ha eleganza stilistica, ma è un lavoro valido caratterizzato da situazioni già viste che non lo rendono originale, ma credibili, specialmente lo sono le interpretazioni dei personaggi completamente soli, in balia di un destino di morte. Questo film è come molti altri di questo genere: tutti realizzati in interni, con solo i personaggi che evocano i ricordi della propria esistenza e si relazionano fra loro avvicinando empaticamente lo spettatore al loro dramma.
Lo sviluppo narrativo è volutamente lento, l'intenzione di Grau è quella di comprimere lo stato d’animo dei personaggi e del pubblico. Vedremo dopo la distribuzione se la memoria dei ricordi tragici di questo film ha fatto centro colpendo nelle emozioni chi andrà a vederlo.