Jean Marie Maurihe Schérer, in arte Eric Rohmer, autore di un cinema enigmatico, di pensiero e di parole.
«L'ambizione del cineasta moderno, che è stata anche la mia, è di essere autore a tutti gli effetti della propria opera, assumendosi altresì il compito tradizionalmente riservato allo sceneggiatore. Questa onnipotenza però, anziché costituire un vantaggio e uno stimolo, è talvolta sentita come un impedimento. Essere padrone […] in un certo senso è una trappola.»
Parole dal sapore programmatico quelle di Jean Marie Maurihe Schérer, in arte Eric Rohmer, scomparso esattamente cinque anni. Il 20 marzo avrebbe compiuto novantacinque anni.
Il cinema di Rohmer è stato un cinema di pensiero e di parole più che d’azione. Uno stile morale, enigmatico, dalla messa in scena sempre sofisticata e assieme delicata, precisa e raffinatissima, sempre attenta ai dettagli, con cura quasi ottocentesca.
Tra i registi della Nouvelle Vogue e tra i ritici dei Cahiers du Cinéma, Rohmer, il più anziano del gruppo e primo a cimentarsi nella regia con il corto Journal d'un scélérat nel '50, è sicuramente il più enigmatico, personale e coerente. È stato l’Autore per eccellenza, ha scritto tutti i suoi film e raramente ha adattato romanzi.
Dopo svariati cortometraggi esordisce alla regia di un lungometraggio nel 1959 con Il segno del leone. Dalla sua prima pellicola sono chiari i temi e le sensibilità dell’autore. Su tutto impera l’importanza del caso, architetto e manipolatore di vite.
Le opere di Rohmer sono organizzate in tre cicli narrativi. I Sei racconti morali, film realizzati dal 1961 al 1972, tra i quali La mia notte con Maud, grazie al quale ottiene una candidatura agli Oscar come miglior sceneggiatura.
Gli anni ’80 lo vedono alle prese con Commedie e proverbi (dal 1981 al 1987), soggetti soggetti scanzonati per commedie beffarde e garbate. Il raggio verde (1986) vale a Rohmer il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
Gli anni ’90 sono segnati dai teatrali quattro film, all’insegna dell’incertezza dei sentimenti, confluiti ne I racconti delle quattro stagioni.
Il Leone d’Oro alla carriera del 2001 precede la sua ultima trilogia con La nobildonna e il duca (2001), Triple Agent - Agente speciale (2004) e Gli amori di Astrea e Celadon (2007).