Luca Barbareschi stronca ideologia gender e politically correct: "Siamo andati nella follia"

L'attore concede una lunga intervista a "Repubblica" e ne ha per tutti, dal #MeToo ai "centoventi gender che litigano tra loro"

Clamorosa intervista di Luca Barbareschi a Repubblica. In una lunga chiacchierata con Arianna Finos, l'attore, 66 anni, fa a pezzi l'ideologia gender e la diversity, il #MeToo e... Repubblica stessa. Tutto comincia parlando di The Penitent, il dramma psicologico (dalla pièce di David Mamet, ispirata al controverso psicologo canadese Jordan Peterson) di cui è regista e protagonista accanto all'inglese Catherine McCormack.

Luca Barbareschi, intervista cult: "Stufo del politically correct"

Stuzzicato sulle tematiche spinose del film, Luca Barbareschi descrive Peterson come "un genio che è stato attaccato ferocemente perché si rifiuta di dire che c'è un terzo sesso". Lo psicologo "è un medico e non può prescindere dal fatto che i cromosomi sono quelli". 

Poi io posso vestirmi da donna, mettere i tacchi, posso riconoscere il ruolo di trans e LGBT, ma non farmi dire che c'è un terzo sesso. Nel nostro film lo psichiatra viene linciato perché un giovane paziente gli annuncia una strage e poi uccide otto persone. La stampa dapprima si concentra sul ragazzo, ma poi è ispanico, vittima della società, è gay, emarginato, quindi forse non è più colpevole. La stampa per vendere ha bisogno di un mostro e di una vittima, così il mostro diventa lo psichiatra, complice una pubblicazione in cui aveva scritto che l'omosessualità è un adattamento. Per me ci sta: io sono stato omosessuale nella mia vita, forse ho trovato un adattamento alle mie problematiche.

Il politicamente corretto e il nuovo puritanesimo stanno distruggendo sia gli Stati Uniti che l'Europa secondo Barbareschi. L'America, quella che sognava, si è trasformata e ormai non c'è più.

Si sono incastrati in qualcosa in cui non usciranno facilmente. Nei prossimi anni succederà anche in Europa. I miei figli cresciuti nelle università americane non hanno più senso dell'umorismo. Se dico 'guarda che mignottone' rispondono 'no, papà, è una ragazza che soffre'.

Luca Barbareschi, Repubblica e le "molestate finte"

Nel mirino dell'attore finiscono pure l'ideologia gender e le regole inclusive di Hollywood, quelle quote etniche e di genere che di recente Richard Dreyfuss ha detto "mi fanno vomitare".

Sono aperto e tollerante, senza pregiudizi ma quello che avviene è un disastro, perché è una semplificazione. Ci sono centoventi gender che litigano tra loro. Siamo andati nella follia, ci sarà una reazione tra qualche anno e torneremo peggio di prima. Purtroppo, queste sono minoranze. Lo abbiamo visto nelle fiction: mettere per forza trans e lesbiche è un finto problema, non è generalizzato e nella narrazione non funziona. Oggi c'è obbligo nelle writing room in America di mettere nero, ispanico, lesbico.

Ad un certo punto Barbareschi ne ha anche per Repubblica. Il quotidiano ha ospitato un'inchiesta sulle attrici di Amleta che hanno denunciato molestie e abusi nel mondo dello spettacolo, ma "alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate malamente ma in maniera blanda, non cose brutte".

Il problema delle molestie è grave e generale, riguarda la commessa del supermercato che deve subire per non perdere il posto. Questo deve cambiare. Ho quattro figli, un maschio e tre femmine, e voglio che siano dignitose, libere e non subiscano mai. Io sono stato un bambino molestato, mi hanno abusato dagli otto agli undici anni i preti gesuiti a Milano: mi chiudevano in una stanza, uno mi teneva fermo e l'altro mi violentava. Ho fatto una legge su questa cosa qui.