Roberto Benigni si confessa alla Festa del Cinema di Roma: Federico Fellini, Charlie Chaplin, Totò e...
La Festa del Cinema di Roma si è conclusa con un ospite di tutto rispetto: Roberto Benigni che raccontato tutto ciò che lo ha influenzato nel corso della sua vita. A cominciare da Federico Fellini: "Un giorno mi arriva una telefonata verso mezzanotte… Ciao Robertino, sono Federico. Da quel giorno mi ha fatto fare il provino di ogni suo film. Ma quanti anni hai? Mi chiedeva. 28. 28? Io cerco un 70enne! Era un uomo seducente, ti faceva sembrare il centro della sua vita, però non ti portava mai dentro al suo cuore, ma sempre in periferia. Riusciva a trarre lo stupefacente dai significati ordinari.
Lui aveva un amore straordinario per i clown, più che per le donne. Fellini è uno che ha contribuito a far diventare il cinema una delle vette dell’arte moderna, nessuno può vantare così tanti capolavori e in ogni capolavoro così tante scene madri. Portava a galla emozioni in noi che non sapevamo di avere".
Poi ci fu Michelangelo Antonioni: "Con Antonioni cambiava il ritmo, cambiava tutto. Sembra che i suoi film non possano fare a meno di essere belli, era una ricerca ossessiva della bellezza. Antonioni si addormentò guardando il mio Berlinguer ti voglio bene. Michelangelo, che fai, dormi? Mi disse, perché non facciamo qualcosa insieme? Io dissi facciamo San Francesco e allora iniziammo a scriverlo. Mi dispiace che non si sia riusciti a farlo".
Sul film per cui ancora il grande pubblico lo ricorda ha detto: "La vita è bella è un film che ha avuto un abbraccio nel mondo davvero inaspettato. Volevamo provare a fare un corpo comico in una situazione estrema. Ed è pensato come una vera tragedia. Come dice Dante la commedia comincia male e finisce bene. La tragedia comincia bene e finisce male.
È stato molto importante quando abbiamo deciso di produrci da soli. Ci siamo presi la libertà di far morire il comico alla fine e ci sono state molte pressioni per far tagliare la mia morte, eravamo vicini a Natale e anche gli esercenti insistevano per tagliare la scena. È un film che mi ha insegnato tanto".
Secondo il regista, uno dei grandi della nostra epoca è Totò: "La sua grandezza è che non si riusciva a capire chi avessimo davanti".
"Quando ho visto al cinema Chaplin per la prima volta in La febbre dell’oro, mi è cambiata la vita. Ne sono uscito frastornato. Come si fa a far ridere ed esser sempre poetici? Io volevo far parte di questa bellezza. La febbre dell’oro era furia e grazia insieme. Con tempi moderni ha dimostrato di aver capito il futuro della nostra società come nessun altro. E poi Luci della città, bisogna essere disumani per non piangere alla fine di quel film".