Morelli della Lega propone il Daspo per gli artisti che parlano di politica nei programmi Rai

Dopo le prese di posizione di Ghali e Dargen D'Amico a Sanremo 2024, il senatore Alessandro Morelli vuole una "punizione" per chi "alimenta la propaganda"

"Quanto abbiamo visto a Sanremo 2024 è stato vergognoso": lo sostiene il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessandro Morelli. Il senatore della Lega, già direttore di Radio Padania, rilascia un'intervista a Libero in cui interviene sulle polemiche per le dichiarazioni politiche di Ghali e Dargen D'Amico sul genocidio israeliano a Gaza. Morelli lancia un'idea: una sorta di "limbo" in cui far finire "quelli che hanno scambiato il palco dell'Ariston con un circolo Arci qualunque".

Alessandro Morelli: Sanremo e il Daspo agli artisti

"Gli artisti dovrebbero salire sul palco, fare la loro bella esibizione e andarsene", dichiara il "rocchettaro alla vecchia maniera" Morelli. 

Per le prossime edizioni sarebbe utile pensare a una sorta di Daspo per chi utilizza quel palco per fini diversi da quelli della musica. Non solo per Sanremo, ma per tutti i palcoscenici Rai.

Il senatore milanese aveva già detto che Sanremo "è il Festival della canzone italiana ed è vergognoso che venga utilizzato e sfruttato da chi dovrebbe solo cantare e invece fa altro: fa della propaganda politica".

Le parole del sottosegretario non sfuggono al mondo dello spettacolo e della politica. "Le pernacchie si possono fare?", si chiede Fiorella Mannoia su Instagram. Persino Riccardo Cocciante, in occasione dell'apertura della mostra di Roma dedicata a Rino Gaetano, si sbilancia.

Io non sono mai troppo politico, ma bisogna pensare a questa gente che soffre perché c'è la guerra. Se è stato giusto farlo dal palco di Sanremo? È giusto sempre, basta essere sobrio e dirlo in una maniera elegante e semplice e non dilungarsi troppo.

"Un pagliaccio unico", aggiunge Jacopo Carlini, pianista dell'Orchestra della Rai all'ultimo Festival. Pure Riccardo Iacona interviene sul caso presentando la nuova edizione di PresaDiretta, in onda su Rai3 da lunedì 19 febbraio.

Ovviamente sono totalmente contrario, la trovo una cosa barbarica, non so in quale Paese vive, un po' alla ungherese. Ma in Ungheria non si parla di politica in tv, non ci sono neanche i talk show. I leader dell'opposizione non partecipano al dibattito pubblico, mentre da noi per fortuna sì. Si rassegnino dunque tutti quelli che vogliono portarci in un'Italia in bianco e nero che non esiste più. Credo che incontrerebbero il disfavore anche dei loro elettori.

Daspo ai cantanti di Sanremo: le reazioni della politica

Le dichiarazioni di Morelli sollevano un inevitabile polverone politico. Ubaldo Pagano, deputato del Partito democratico, le definisce "un'assurdità".

Quanto dice Morelli è di una gravità inaudita perché è la completa negazione dei diritti e delle libertà sancite nella nostra Costituzione. Ma sono anche esternazioni ridicole, considerato l'uso totalizzante delle reti Rai che proprio il suo governo fa quotidianamente.

Sulla stessa linea Ouidad Bakkali, sempre del Pd in Commissione di Vigilanza Rai.

Per il sottosegretario Morelli i cantanti sono come i menestrelli di corte: possono cantare ma non hanno il diritto di esprimere opinioni. E se osano parlare devono essere cacciati dall'Ariston.

In un comunicato congiunto, Angelo Bonelli e Peppe De Cristofaro di Alleanza Verdi e Sinistra criticano ferocemente il Daspo preventivo per i cantanti.

Peccato che il ruolo del servizio pubblico sia proprio quello di informare i cittadini, e non di fare la cassa di risonanza del governo di turno, e quello degli artisti è di far riflettere con le loro opere e le loro parole.

Scoppiata la diatriba, Morelli fa sapere che "in seguito alla proposta da me avanzata di lasciare fuori da Sanremo la politica e il marketing commerciale ai danni della Rai, sono iniziate ad arrivare gravi minacce e insulti gravissimi nei miei confronti e di quelli dei miei figli, sui miei profili social".

La sinistra grida alla censura ma questo è il trattamento che riservano a chi chiede equilibrio nel dibattito e di tutelare gli interessi della tv pubblica. Evidentemente sono convinti che la Rai sia solo cosa loro ma non è così, visto che il canone lo paghiamo tutti. Far passare per coraggioso partigiano chi espone le sue idee sfruttando un palco pagato dal canone che offrono 15 milioni di telespettatori senza alcun contraddittorio, nessuna possibilità di controllo né di risposta, qualifica il livello di questi compagni che hanno scatenato i loro haters contro un'idea. Questa è la loro considerazione della democrazia alla quale risponderò con le querele e con ancora maggiore convinzione nel lavorare per gli interessi della Rai.