Common Sense Media: la lotta agli stereotipi di genere nella TV

L'organizzazione americana ha introdotto una nuova categoria per misurare gli stereotipi di genere, la positive gender representations.

Recentemente la Common Sense Media, associazione americana che si occupa di valutare i film e i programmi televisivi e la loro ricezione da parte del pubblico, ha introdotto una nuova categoria nei loro parametri di giudizio: stiamo parlando della categoria del genere. L'idea? Quella di cercare di capire se fra le varie offerte che la televisione e il cinema propongono ogni anno ci sia una adeguata e completa rappresentazione di modelli e figure femminili.

Common Sense Media: una guida per i bambini nel mondo della tecnologia

Common Sense Media è un'organizzazione indipendente e senza scopo di lucro. La loro mission è quella di accompagnare la crescita dei bambini nel mondo della tecnologia e dei media, cercando dunque di canalizzare la potenza delle nuove tecnologie mediatiche verso una funzione educativa, fornendo consigli utili a genitore, professori ed educatori. E in effetti non si tratta di un obiettivo semplice, sopratutto se consideriamo la realtà dei giorni nostri, un mondo dove i bambini passano sempre più tempo davanti a uno schermo, che si tratti di un dispositivo mobile o di trascorrere il tempo sul divano di casa a guardare la televisione e i cartoni animati; ed è proprio in un momento come questo che i giovani necessitano di una guida. Un controllo dei contenuti multimediali non può che essere un'ottima base per educare i bambini e formare le loro menti verso una visione del mondo fatta di valori corretti e sani principi.

Common Sense Media: una lotta agli stereotipi di genere

Proprio poco tempo fa, Common Sense Media ha cominciato ad impegnarsi riguardo il rapporto fra televisione e cinema e la rappresentazione della figura femminile. Esiste una corretta rappresentazione della donna all'interno dei film e dei programmi che vanno in onda oggi? E se sì, si tratta di una presenza adeguata? Come riporta Repubblica, l'analisi è partita proprio da dati già esistenti, dai quali si è rilevato che «i media che propongo regole rigide di rappresentazione dei generi, influenzano la visione che i più piccoli hanno di se stessi, delle relazioni e delle aspirazioni lavorative». Intervistando un campione di genitori, inoltre, si è riscontrata una forte preoccupazione di una possibile visione stereotipata della donna. Proprio per questi motivi l'associazione ha valutato di introdurre un nuovo metro di valutazione nella lista di cose che "i genitori devono sapere", elenco che l'organizzazione si preoccupa di stilare per ogni nuova uscita sul piccolo e grande schermo: si tratta del positive gender representations, livello che verrà misurato in base al grado di "rottura degli stereotipi di genere" da parte del film o programma tv. 

Gli stereotipi di genere in Italia: parla Elisa Giomi

Riguardo la questione si è espressa recentemente anche Elisa Giomi, docente dell'Università di Roma e che si occupa di monitorare i programmi Rai proprio in relazione alla questione sovraelencata. Con la sua squadra, Elisa si occupa di analizzare circa 700 film l'anno tra film, programmi tv, fiction e quant'altro. Finora i risultati sono stati positivi: nel 2016, solamente l'1 % delle trasmissioni valutate è stato valutato negativamente. Sempre il quotidiano Repubblica riporta le sue parole:

La Rai è tenuta da contratto di servizio a fornire un'immagine corretta della figura femminile e a evitare rappresentazioni stereotipate o discriminatorie, ma non avrei mai immaginato, quando ho iniziato a fare questo lavoro, di trovarmi a collaborare con un team così agguerrito.

Insomma, qualcosa pare muoversi nel campo della lotta agli stereotipi anche per quanto riguarda la televisione e i nuovi media. E contando che sempre di più al giorno d'oggi la televisione, i film e il mondo di internet stanno assumendo un vero e proprio ruolo di "educatori virtuali", la cosa non è da poco.

Fonte foto di copertina: https://www.facebook.com/commonsensemedia/