Sanremo 2024 è "un tripudio di inutilità: uno dei Festival più brutti ed estenuanti della mia vita"

È un "tripudio del nazional-coatto" il quinto e ultimo Festival di Amadeus: lo bolla così il critico musicale Marco Molendini

Marco Molendini fa a pezzi Sanremo 2024, il quinto e ultimo Festival di Amadeus. Dalle pagine di Dagospia, il critico musicale, una delle firme più apprezzate del Messaggero, massacra la 74esima edizione della kermesse, bollata come "uno dei più brutti ed estenuanti Festival della mia vita". La diretta-fiume dell'evento non convince per niente il giornalista: il principale responsabile è il conduttore e direttore artistico. 

Marco Molendini, Sanremo 2024 "un tripudio di inutilità"

Il Sanremo visto da Molendini è zeppo di "luoghi comuni, stereotipi, con un Amadeus deus ex machina di uno show che evita con assoluta naturalezza ogni guizzo, un Daniele Piombi con la giacca luccicante capace di esser piatto in ogni sua esposizione anche lessicale".

Un tripudio di inutilità, tranne che per quella fabbrica della musica che ha trovato in Amadeus e nel suo Festival il riferimento centrale: il luogo dove confezionare, lanciare, consumare idoli con la data di scadenza incorporata senza alcuna preoccupazione di dover, quanto meno, sentire l'esigenza di salvare la faccia sul fronte della qualità.

La selezione delle canzoni in gara è pessima: ormai per partecipare a Sanremo gli artisti devono "appartenere a un giro commerciale chiuso che va dagli autori, agli editori, ai network radiofonici (che da quest'anno hanno anche diritto di voto), ai promoter". È Amadeus come direttore artistico che "porta sicuramente la responsabilità di aver rotto qualsiasi argine puntando tutto sulla quantità, perfino nel numero delle canzoni scelte" perché "metterne trenta in gara è una ammissione di incapacità di scegliere".

Sanremo 2024: cantanti bolliti e pezzi tutti uguali

Il vero problema di Sanremo 2024 è che i brani sono tutti uguali e "l'uso imperante dell'autotune" non fa che incrementare l'omologazione. 

La differenza, fra un pezzo e l'altro, non sta nella sostanza ma nella forma di chi canta, nell'abbigliamento, nel look, nei capelli, nelle creste in testa, nei tatuaggi, negli orecchini o negli anelli. Una deriva che va imponendo il modello coatto (Er Piotta appare un archetipo). Con Amadeus, Sanremo è passato dal trionfo del nazional-popolare al tripudio del nazional-coatto.

Molendini denuncia "la debolezza della stampa incapace di reagire, sostanzialmente a rimorchio degli avvenimenti, soprattutto i giornali (una volta venivano chiamati i giornaloni)". Per non parlare di siti e radio. Pure Marco Mengoni non funziona, "a disagio nel fare qualcosa che non è, lo showman: disastroso il lunghissimo siparietto in cui si è presentato addobbato come un albero di Natale"

Il critico salva dal disastro soltanto Fiorello (che non a caso si limita al ruolo dell'incursore) e le canzoni di Fiorella Mannoia, Loredana Bertè, Diodato e Ghali. Davvero troppo poco.