Sam Raimi è tornato. Si è rivelata vincente la scommessa lanciata da Kevin Feige di affidare Doctor Strange nel Multiverso della Follia al regista di Darkman e della saga di La casa, lontano dagli schermi dai tempi del (sottovalutatissimo) flop Il grande e potente Oz. È innanzitutto questo il grosso punto a favore del secondo capitolo delle avventure dello Stregone Supremo creato da Stan Lee e Steve Ditko.
Il genio visionario che ha contribuito in maniera decisiva a reinventare il cinecomic contemporaneo grazie alla trilogia di Spider-Man con Tobey Maguire, guarda al futuro e trasporta il Dottore di Benedict Cumberbatch verso direzioni inaspettate. Meno mistico e più terragno dell'originale di Scott Derrickson, questo sequel è manna dal cielo per gli appassionati dopo la mediocrità dei primi due Venom e la cocente delusione dell'esangue Morbius.
Doctor Strange nel Multiverso della Follia: la recensione
L'esplorazione del multiverso sta diventando un'autentica ossessione per il cinema hollywoodiano, come dimostra il recente successo di una produzione indie e surreale (non certo un blockbuster) quale Everything Everywhere All at Once. Lo sceneggiatore Michael Waldron (già con Justin Roiland e Dan Harmon dietro Rick and Morty e assoldato dalla Casa delle Idee per Loki) lo sa molto bene. Sfrutta la voglia degli universi possibili che intrigano così tanto il pubblico e struttura un plot piuttosto lineare (viste le premesse) che comincia direttamente lì dove finivano WandaVision e Spider-Man: No Way Home, affidandolo alle sapienti acrobazie registiche di Raimi.
La forza di Doctor Strange nel Multiverso della Follia sta proprio qui: si vede finalmente il peso di un autore. Raimi non incorpora soltanto forti (e scontati) elementi dark e orrorifici, il suo marchio di fabbrica. Esplora le infinite possibilità del cine-fumetto targato Marvel coniugandone l'anima spirituale e avventurosa-spettacolare a quella politica. A guerra in Ucraina in corso, il "doppio standard" nella "propaganda" degli Avengers risuona tremendamente attuale. E la villain di turno, la Wanda Maximoff di Elizabeth Olsen trasformata nella feroce Scarlet Witch dal possesso del nuovo Necronomicon, l'oscuro Darkhold, diventa una perfida strega nei confronti della quale si prova una certa indulgenza.
Cosa succede in Doctor Strange nel Multiverso della Follia
La trama ha numerosi punti deboli ma poco importa. Nel film vediamo come Strange sia coinvolto con il suo mentore Wong (Benedict Wong) nella protezione di America Chavez (Xochitl Gomez), una ragazzina figlia di due madri (unica concessione al politicamente corretto, per fortuna) che ha il potere di attraversare il multiverso e sulla quale ha messo gli occhi Wanda per poter finalmente coronare il suo sogno: proteggere con amore i figli Billy e Tommy. Poco importa che Scarlet Witch sia disposta a tutto, crudeltà comprese, per acquisire le capacità di America. Stephen deve allora barcamenarsi tra innumerevoli universi, differenti nemici (il Mordo di Chiwetel Ejiofor) e amici (una sorpresa che scatena applausi in sala), un ruolo da "capo" che indossa con un certo imbarazzo e tanti rimpianti per la sua storia finita male con l'amata e ritrovata Christine (Rachel McAdams).
Della storia, a un certo punto, non frega quasi più nulla. Perché c'è Sam Raimi, la leggenda di Evil Dead. Uno che trasforma sogni ed incubi in realtà concrete e sa gestire la vena comica dei personaggi senza cadere nel ridicolo, come capitato spesso e volentieri ai suoi predecessori. La formula è semplice e immediata: poche frasi fatte e tanta azione. Nella seconda parte, quando può correre a briglia sciolta, il regista ruba la scena a tutti. Specie quando risveglia il Dottore zombie dalla tomba, scatena una selva di simpache anime dei defunti e – con la complicità di Danny Elfman – mette in scena una sfida finale tra gli Strange a colpi di note e scale che pare una scatenata scenetta dei Looney Tunes imbevuta d'acido.
In un universo iper-controllato come quello Marvel che sforna film-fotocopia appiattendo le capacità dei suoi talenti, Doctor Strange nel Multiverso della Follia è una boccata d'ossigeno. Non è un blockbuster coraggioso né spontaneo nella sua formula come si può immaginare. Eppure, assolve alla perfezione al suo compito: offre due ore di elettrizzante divertimento horror-nerd, ricco di citazioni e stupefacenti trovate visive. Inevitabile (anche se troppo sacrificato) il cameo dell'amico e compagno di scorribande di Raimi, il glorioso Bruce Campbell. È il suo Poppa Pizza a chiudere il film nell'ultimissima ed esilarante scena post-titoli di coda che segue quella mid-credits, destinata ad aprire sorprendenti scenari in questa finora deludente Fase 4 del MCU.
Foto: Marvel Studios / Walt Disney
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