Surrealista, caotico, inspiegabile: il nuovo film di Yorgos Lanthimos osa e cattura gli spettatori con una violenza inaudita. Superbi Colin Farrel e Nicole Kidman, protagonisti di questa opera premiata al Festival di Cannes
Non è altro che una metafora, un simbolo. Yorgos Lanthimos, al suo quinto lungometraggio, lo dice in modo preciso attraverso le parole di Martin: Il sacrificio del cervo sacro è simbologia e allo stesso tempo sperimentazione. Un film dalle atmosfere si un horror psicologico, che vuole porsi come una lettura tragica dei paradossi degli uomini moderni e del senso di colpa. Partiamo però dalle basi di questo film: Il sacrificio del cervo sacro ha un'atmosfera cupa, di imminente catastrofe, costruita su un impianto da thriller che il regista greco ha abilmente destrutturato e riorganizzato, prendendo in prestito struttura e archetipi della tragedia greca. In fondo la tragedia greca non è altro che la storia della rovinosa caduta di un personaggio, così come per il protagonista di questo film.
Il sacrificio del cervo sacro: trama
Steven (Colin Farrell) è uno stimato chirurgo cardiotoracico. Insieme alla moglie Anna (Nicole Kidman) e ai loro due bellissimi e bravissimi figli, Kim (Raffey Cassidy) e Bob (Sunny Suljic), vive una vita felice e ricca di soddisfazioni. Un giorno Steven stringe amicizia con Martin (Barry Keoghan), un sedicenne solitario che ha da poco perso il padre morto in un operazione tenuta proprio dal cardiochirurgo protagonista. Data la grande perdita, l'uomo decide di prendere il ragazzo sotto la sua ala protettrice e di aiutarlo a ritrovare una figura paterna. Quando Martin viene presentato alla famiglia, tutto ad un tratto, cominciano a verificarsi eventi sempre più inquietanti, che progressivamente mettono in pericolo di vita la moglie e figli di Steven, costringendo l'uomo a compiere un sacrificio sconvolgente per non correre il rischio di perdere tutto.
Yorgos Lanthimos e la lettura della società occidentale moderna
Famiglia perfetta all'esterno, ma piena di segreti e perversioni all'interno: è così che Lanthimos ritrae questa “normale” famiglia dell'Ohio. Con Il Sacrificio del Cervo Sacro il regista, anche co-sceneggiatore insieme a Efthymis Filippou (storico collaboratore), prende a piene mani dalla mitologia greca per dipingere un ritratto horror di una famiglia americana moderna, morigerata e composta in pubblica piazza, pronta a nascondere i più tremendi fattacci lavando i panni sporchi in famiglia. Al centro di questo thriller surrealista c'è il concetto di colpa, di giustiza e di senso di colpa. Colpa intesa alla maniera tragica di Eschilo, Sofocle o Euripide, quella che discende dalle scelte dei padri e che ricade inesorabile sulla testa dei figli. Non esiste altra catarsi che quella di dover sacrificare la propria vita di fronte ad un errore irrimediabile.
Il film, come ha spiegato Lanthimos, prende spunto dalla tragedia di Ifigenia in Aulide (scritta da Euripide) in cui re Agamennone decide di sacrificare sua figlia Ifigenia per far calmare l'ira dea Artemide che teneva bloccate con la bonaccia (un mare calmo e senza vento) le navi greche in partenza per la guerra di Troia. Nel momento però di sacrificare la giovane ragazza e di metterla sul rogo, la dea Artemide si palesa, rapisce Ifigenia e la sostituisce con una cerva sacra. In Euripide, in quella che sembrava una tragedia annunciata, vi era un segno dall'alto che rimetteva tutto in ordine e soprattutto insegnava a scegliere fra il giusto e l'ingiusto. Ne Il sacrificio del cervo sacro tutto è invece affidato al caos, il movimento che abita la modernità: nessuno verrà a salvare nessuno, né Ifigenia dalla morte, né il re Agamennone reo di aver fatto una scelta impietosa. Tutto è destinato a compiersi ed è inutile opporsi.
Il sacrificio del cervo sacro: Lanthimos e l'eredità di Kubrik
Come in Shining di Stanley Kubrik, in cui il regista metteva in scena le nevrosi dei rapporti familiari (argomento assente dal romano di Stephen King) che portava verso il male, la pazzia di Jack Nicholson, così Lanthimos decide di raccontare il delicato equilibrio di un nucleo famigliare benestante, all'apparenza solido, eppure così gracile da sfaldarsi di fronte al male e ad un dato di fatto: un errore su cui non si può tornare indietro. Anche la regia che sceglie l'autore greco per Il sacrificio del cervo sacro è devoto al capolavoro di Kubrik nella scelta di lunghe carrellate con prospettiva centrale lungo i corridoi dell'ospedale. Questa prospettiva, unita ai primi piani sinistri e schiaccianti, ingabbiano i protagonisti fra due mura da cui è difficile evadere senza affrontare la nefasta realtà, comunicando l'imminente tragedia da cui non si può sfuggire.
Il sacrificio del cervo sacro: un cast all'altezza
Non lo nascondiamo, questa pellicola non è adatta a chi preferisce strutture narrative ritmate e incalzanti. Il sacrificio del cervo umano ha una trama esile su cui il regista impone uno sguardo potente e disturbante. Oltre alle bellissime immagini, che Lanthimos sa costruire in ogni dettaglio, angolatura e riflesso, e le musiche (la bellissima scena inziale ad esempio è accompagnata dal coro di apertura della Passione secondo San Giovanni di Johann Sebastian Bach.) che sottolinano il clima da tragedia, ci sono anche le interpretazioni sublimi. Bravissimi i protagonisti del film: Colin Farrel è silenzioso, contrito, pronto ad esplodere da un momento all'altro, Nicole Kidman è imperscrutabile, algida, a volte sinistra. Ottimi anche i comprimari uno su tutti Barry Kehogan, già visto in Dunkirk, faccia da schiaffi e agnellino nello stesso tempo nei panni di un demone del ventunesimo secolo, risoluto nel voler ricevere la sua giustizia. Non sai se stare dalla sua parte o odiarlo per essere un fastidioso specchio della realtà, che mette tutti di fronte ai nostri limiti, alle nostre paure e ovviamente dinanzi alle nostre colpe.
Yorgos Lanthimos: il suo racconto visionario e crudele della contemporaneità
Fin dall'inizio della sua cinematografia il cineasta ateniese ha posto la chiave della sua poetica sull'esplorazione del concetto di famiglia. Da Kinodontas, dove due genitori tengono reclusi i loro figli per evitare che ciò che fosse all'esterno della loro casa li contaminasse, a Alpis, dove un gruppo di giovani si offrono dietro pagamento di sostituire i propri cari una volta defunti, facendo così sopravvivere - per finta - il concetto di famiglia anche oltre la morte, passando per The lobster, in cui sono rappresentate persone che una famiglia non riescono a crearsela, Lanthimos si interroga su come la famiglia influisca sul futuro dei figli. Probabilmente l'opera summa dietro questa esplorazione è proprio Il sacrificio del cervo umano, dove grazie al surrealismo di chiave bunueliana e al sapere mettere in scena la crudeltà dell'esistenza umana, riesce a portare a termine 109 minuti di grande cinema: sguardo, idea, interpretazoni sono tutti ai massimi livelli.
Voto: 9