Dopo avere imparato il mestiere sui set e tra le pagine di sceneggiatura di registi come il padre Steno, Monicelli e Risi, Carlo e Enrico Vanzina approdano al lungometraggio nel 1976 con Luna di miele in tre. Nasce una filmografia che, film dopo film, e con esemplare coerenza, attraverserà quasi tutti i generi cinematografici, in stretto rapporto con il cinema popolare e con una cinefilia a 360 gradi sinceramente dichiarata. Una memoria da far confluire, fin dagli esordi, nelle immagini immediatamente riconoscibili di un cinema che esprime, in ogni suo istante, il piacere dell'inventare, del disegnare, del percorrere - del sentire - la finzione, l'artificio più esibito. Da lì, da quel punto di partenza continuamente ribadito (finora, 59 volte, tanti sono i lungometraggi realizzati in quarant'anni di carriera, festeggiati nel 2016, ai quali si devono aggiungere tre film per la televisione e altrettante serie televisive dentro cui rielaborare il proprio sconfinato immaginario), come segno necessario di adesione a un cinema classico con il quale confrontarsi con passione e onestà, l'opera dei fratelli Vanzina (Carlo regista e sceneggiatore, Enrico sceneggiatore) si è sviluppata in una moltitudine di direzioni, straordinariamente cangiante e al tempo stesso mai distratta, sempre presente alla sua idea di mantenere in funzione quel cinema d'intrattenimento tanto amato e ormai quasi del tutto assente, consegnato alla memoria. Da lì, dall'artificio più spinto, dalla finzione che genera verità, Carlo e Enrico Vanzina hanno raccontato l'Italia di questi decenni attraverso personaggi e luoghi, comportamenti e battute, set e gesti che ricorrono con precisione da un film all'altro, da quelli più aderenti alla commedia e alle sue molteplici sfumature a quelli che abitano altri generi, come il giallo e il thriller. E il melodramma, la favola romantica, il fotoromanzo. Difficile, però, che un film d(e)i Vanzina sia soltanto una di queste cose. Uno dei segni particolari della filmografia vanziniana è infatti proprio quello dello spostamento continuo, dentro uno stesso film, da un genere a un altro (così come i film abitano, con diverse intensità ma con regolarità, più spazi, nel segno di un instancabile, ripetuto invito al viaggio, vero o virtuale). Questione appunto di sfumature che accadono in maniera naturale, con la complicità di uno sguardo morbido del filmare che sa cogliere e ascoltare i dettagli: di un gesto, una parola, una canzone.
Il cinema di Carlo e Enrico Vanzina è (come) un album di fotografie - da vedere, sfogliare, toccare - che crea un costante cortocircuito spazio-temporale nelle magnifiche ossessioni della "Vanzina factory". E infatti Vanzina factory è il loro film aggiunto, titolo di un bellissimo libro fotografico che ripercorre la loro carriera (arriva fino a In questo mondo di ladri e andrebbe aggiornato, vista la velocità con la quale i fratelli pensano e girano film...). Per ogni film fatto, poche, selezionate immagini e una breve frase, un pensiero che ne riassume il senso, l'esperienza, il piacere di un incontro... Vanzina factory è testo prezioso che accompagna, fuori campo, il percorso di un'intera filmografia. E', come ogni film che evoca, immersione pura nei codici più intimi di un appassionato atto d'amore verso il cinema che dura da (oltre) quarant'anni.
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