Nelle sale dal 30 aprile dopo il passaggio alla 42esima edizione del Torino Film Festival, Ho visto un re di Giorgia Farina porta al cinema un'incredibile storia vera. La sceneggiatura della regista, scritta con Walter Lupo e Franco Bernini, si ispira a fatti realmente accaduti nell'Italia fascista degli anni Trenta, preda del delirio colonialista. Lo sfondo è la campagna d'Etiopia, condotta da Benito Mussolini tra il 1934 e il 1936 per conquistare un "posto al sole" tra le potenze europee.
Ho visto un re: la storia vera dietro il film
La vicenda del principe etiope Abraham Imirrù (interpretato da Gabriel Gougsa), catturato al fronte e tenuto prigioniero in una voliera nel giardino del podestà Marcello (Edoardo Pesce), padre del piccolo protagonista Emilio (Marco Fiore), riprende quanto accaduto dopo l'attentato al maresciallo Rodolfo Graziani. Il proclamato viceré d'Etiopia, ribattezzato il "macellaio del Fezzan" per i metodi brutali adottati in Libia, fu oggetto di un attacco nel quale morirono sette persone, di cui quattro italiani e due zaptié, i soldati indigeni arruolati nei Carabinieri nelle colonie.
La repressione fascista alla resistenza anticoloniale non si fece attendere. In seguito a quell'assalto, le autorità dell'impero italiano d'Etiopia decisero di deportare in Italia decine di notabili africani e personalità di spicco vicine al negus neghesti Hailé Selassié, il quale si esiliò volontariamente a Bath, in Inghilterra. Molti di loro vennero confinati nei paesini della Pianura Padana, nell'entroterra laziale e nelle vallate della Sila cosentina. Il Vaticano si spese con monsignor Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, per migliorare le loro condizioni di detenzione. All'epoca vedere persone nere, specie se colte e benvestite, era qualcosa di raro ed eccezionale, soprattutto per gli abitanti delle zone di provincia.
La storia vera che ispirato Ho visto un re
In tante località d'Italia che "ospitavano" i ras delle famiglie nobili etiopi, la diffidenza e lo spavento lasciarono presto il posto all'accoglienza. La storia di Ho visto un re è quella personale di Guido Longobardi, avvocato, poeta e scrittore, giornalista e politico (per anni è stato segretario provinciale e regionale del Partito Repubblicano e consigliere comunale a Bologna) nato a Modena nel 1932 e testimone diretto durante la sua infanzia della controversa conquista italiana dell'Africa e di quell'immaginario d'oltremare. I libri di Longobardi – La piazza vuota, Il bianco cappello che vola e La settimana rossa – sono pubblicati da Pendragon.
Dall'intreccio tra quella convivenza reale e quella immaginata da Giorgia Farina nascono l'incontro e l'amicizia tra Abraham ed Emilio, che vede nel principe africano prigioniero il suo eroe: Sandokan, l'affascinante pirata gentiluomo protagonista dei romanzi d'avventura di Emilio Salgari. Frutto di questi spunti storici, Ho visto un re è diventata una commedia ad altezza di bambino sul dialogo tra culture e il confronto con l'altro, come ha spiegato la regista.
Ho letto questa storia tantissimo tempo fa e mi è sembrato incredibile che una storia così straordinaria fosse vera. La cosa che più mi ha spinto a fare questo film è che c'era un bambino anche nella realtà: l'idea di potere raccontare fatti storici particolari con il punto di vista, la purezza, gli occhi di qualcuno così giovane e fresco, che vede il problema e lo fa diventare un'avventura. Qualcuno per cui l'altro è un amico. È tutto sospeso tra immaginazione e realtà, per me è stato un motivo talmente forte che mi ha fatto portare avanti questo progetto per anni.
Foto: Medusa Film
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