I rapporti tra Leonardo DiCaprio e Robert De Niro sul set di Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese sono stati a dir poco turbolenti. Lo rivela il regista newyorkese in una serie di interviste a ridosso dell'uscita del suo ultimo film, nelle sale italiane dal 19 ottobre dopo il passaggio fuori concorso al Festival di Cannes. Gestire i due divi non è stato affatto semplice.
Killers of the Flower Moon, cast turbolento sul set
In un'intervista concessa al Telegraph, Scorsese racconta che DiCaprio e De Niro hanno affrontato i loro ruoli in modo completamente diverso: l'improvvisazione di DiCaprio era "senza fine, senza fine, senza fine", mentre De Niro "non voleva parlare".
Ogni tanto io e Bob ci guardavamo l'uno l'altro e alzavamo gli occhi al cielo. Gli dicevamo: "Non c'è bisogno di quel dialogo".
DiCaprio e De Niro si conoscono dal 1993, quando un giovanissimo Leo venne scelto per affiancare Ellen Barkin ed il navigato De Niro in Voglia di ricominciare, diretto da Michael Caton-Jones. Prima di Killers of the Flower Moon, Scorsese ha diretto dieci volte De Niro (da Mean Streets a The Irishman) e sei volte DiCaprio, la prima in Gangs of New York e l'ultima nel corto The Audition, girato due anni dopo The Wolf of Wall Street.
DiCaprio e De Niro ai ferri corti su Killers of the Flower Moon
Il paradosso è che, per l'adattamento del libro-inchiesta di David Grann, è stato lo stesso De Niro a convincere Scorsese ad affidare a DiCaprio il ruolo di Ernest Burkhart, il reduce di guerra non proprio intelligente che comincia a lavorare come tirapiedi per lo zio William K. Hale, spietato allevatore massone (chiamato da tutti "the King") che lo spinge a sposare la ricca nativa Mollie per mettere le mani sui soldi della comunità Osage.
Peccato che sul set, come racconta Scorsese in un'intervista a The Irish Times, DiCaprio chiedeva continuamente di riadattare i dialoghi, faceva domande sul senso delle scene e cambiava spesso le battute.
Io ed Eric Roth abbiamo parlato molto di raccontare la storia dal punto di vista degli agenti del Bureau che entrano in azione per indagare. Dopo due anni di lavoro sulla sceneggiatura, Leo è venuto da me e mi ha chiesto: 'Dov'è il cuore di questa storia?'. Io ho avuto incontri e cene con gli Osage e ho pensato: 'Beh, la storia c'è'. La vera storia, secondo noi, non veniva necessariamente dall'esterno, con il Bureau, ma piuttosto dall'interno, dall'Oklahoma.
Foto: 01 Distribution
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