Sam Rockwell ha recentemente vinto il Golden Globe come miglior attore non protagonista in un film drammatico grazie alla sua straordinaria interpretazione del poliziotto Jason Dixon in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh, ed è tra i favoriti per l'imminente notte degli Oscar. La sua interpretazione ha tenuto testa a quelle altrettanto straordinarie della protagonista Frances McDormand e dell'altrettanto bravo Woody Harrelson, e il suo personaggio, apparentemente secondario, è in realtà decisivo nell'economia dell'opera e per lo sviluppo della narrazione.
Sam Rockwell, Tre manifesti a Ebbing, Missouri
Intervistato da Movieplayer Rockwell ha dichiarato sulla sceneggiatura di Tre manifesti a Ebbing, Missouri:
Quando l'ho letta è stato come aver ricevuto un regalo di Natale Amo il mio personaggio: credo ci sia del buono in lui, ma, almeno all'inizio, è un idiota. Intraprende però un percorso che lo porta verso la redenzione; Era tutto nella sceneggiatura: è scritta meravigliosamente, non ho dovuto aggiungere nulla
L'attore ha poi anche riflettuto su senso del suo personaggio
È stato divertente fare ricerche sugli agenti di polizia: recentemente ho interpretato diversi razzisti, non è il mondo da dove provengo ed è un viaggio strano. Ho conosciuto diverse persone adorabili, in Missouri, nessun poliziotto razzista, ho ancora le loro foto nel cellulare, e delle vittime di ustioni. Il razzismo è ancora presente in America: fa davvero paura. Il film esce con un buon tempismo. Recentemente ho interpretato un leader del Ku Klux Klan, che diventa amico di un attivista per i diritti civili, si tratta di una storia vera. È ora di affrontare l'argomento perché non succede solo in USA, ma in tutto il mondo, sono tempi che fanno paura: il razzismo c'è sempre stato, ma ora sta tornando a galla con forza
La recitazione
L'elemento più interessante dell'intervista rilasciata da Sam Rockwell è però la parte dedicata alla recitazione, a come l'attore ha raggiunto il livello di bravura che lo contraddistingue
Non ho preso la recitazione seriamente fino a quando non sono diventato più grande, a vent'anni, e ho cominciato a prendere lezioni. Non ero molto bravo a scuola, non ho abilità particolari, avrei potuto facilmente finire a lavorare in una pompa di benzina o a fare il barista, lavoro che ho svolto per diverso tempo. Solo a trent'anni ho capito che avrei potuto vivere facendo l'attore: ho cominciato a diciotto, quindi ci ho messo dodici anni per capirlo! Anche se non ho comprato una casa prima dei quaranta. Non mi sono mai sentito forte nella mia vita, ma, grazie alla tecnica Meisner, ho trovato la mia strada. Sandy Meisner diceva che ci vogliono almeno venti anni per diventare un attore: credo sia vero. Ormai sono passati più di venti anni da quando lo faccio, quindi forse sono finalmente un attore. In ogni lavoro si impara costantemente qualcosa
Philip Seymour Hoffman
Rockwell infine ricorda l'amico Philip Seymour Hoffman
Phil faceva battute, era mio amico, mi ha anche diretto a teatro, aveva un gran voglia di vivere e chiedeva molto da se stesso. Mi manca moltissimo. Era un attore incredibile. Non c'è nessuno come lui nella mia generazione: lui era il migliore.
Nei panni di George Bush
Rockwell, infine, sarà nientemeno che l'ex presidente degli Stati Uniti d'America George W. Bush in Backseat di Adam McKay
Il mio George W. Bush nel film ha cinquantatré anni: non l'ho mai incontrato, ma mi piacerebbe: è molto affascinante. Ho visto moltissimi suoi dibattiti, con John Kerry e Al Gore, è molto simpatico, anche quando fa delle cazzate. Il momento in cui legge il libro per bambini davanti alle telecamere e gli danno quella notizia... Mi dispiace per lui. Devi avere il tempo di metabolizzare una cosa del genere. Lo giudico con meno durezza ora. Forse grazie a Trump
Fonte foto; https://www.facebook.com/SAGAFTRA/
Riproduzione riservata ©2024 - PCTV